La Corte Ue per i diritti dell’uomo ha condannato l’Italia a trovare senza indugio una risposta adeguata alla perdurante situazione di inquinamento derivante dalla gestione illegale dei rifiuti in Campania.
Nella sentenza 30 gennaio 2025 la Corte ha ritenuto lo Stato italiano responsabile per la violazione dell’articolo 2 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo secondo il quale il diritto alla vita di ogni persona è protetto dalla legge. Oggetto del giudizio della Corte non sono tanto le carenze nella gestione dei rifiuti in Campania (oggetto di altra condanna della Corte con sentenza 19 ottobre 2023, n. 35648/10) quanto l’inquinamento diffuso, specie nel suolo agricolo, connesso a tali difetti gestionali e alle relative illegalità che hanno causato malattie e decessi.
L’inquinamento dei suoli e delle acque provocato dallo smaltimento, interramento e combustione illegale dei rifiuti in diverse zone della Campania, era noto fin dalla fine degli anni ’80 ma ha trovato una prima risposta legislativa da parte dell’Italia praticamente solo nel 2013 (con il Dl 136/2013, integrativo del Dlgs 152/2006, noto come Codice ambientale). Un comportamento ritenuto dalla Corte Ue dei diritti dell’uomo tardivo e in ogni caso insufficiente.
La Corte, nel condannare il nostro Paese, ha assegnato due anni all’Italia per approvare misure generali in grado di affrontare in modo adeguato il fenomeno dell’inquinamento in questione. Nessun risarcimento del danno alla salute è stato disposto nei confronti delle parti ricorrenti (che si vedono rifuse le spese del processo), ma la Corte si riserva di prendere una decisione decorsi due anni dalla sentenza.