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Ecomafie, i reati crescono del 15%

di Circularity

Data 02/08/2024
Tipo News

I reati ambientali in Italia nel 2023 sono stati più di 35.000, con un incremento annuo del 15,6% rispetto al 2022. In pratica quasi 100 reati al giorno, 4 all’ora. Sono questi i numeri allarmanti emersi dal rapporto Ecomafia 2024 redatto da Legambiente, che come ogni anno denuncia la crescita dell’ecocriminalità nel nostro paese. Pubblicato in collaborazione con le forze dell’ordine e Edizioni Ambiente, il report fotografa l’evoluzione sempre più raffinata e subdola dei network ecomafiosi.

Lo fa tramite indagini, analisi e comparazioni di dati che confermano un trend pericolosamente in crescita. Con una media di quasi 100 reati al giorno (97,2), il mercato dell’illegalità ambientale vale ben 8,8 miliardi di euro. Una buona parte di questi illeciti si concentra al Sud, e in particolare in Campania, Puglia, Sicilia e Calabria, le regioni più colpite dalla presenza di organizzazioni criminali.

Qui si individua il 43,5% degli illeciti penali, in crescita del +3,8% rispetto al 2022. Ma in generale, in tutto il paese aumenta anche il numero delle persone denunciate (34.481, +30,6%), il numero degli arresti (319, +43%) e quello dei sequestri (7.152, +19%).

Cemento, rifiuti e illeciti contro gli animali

Come l’anno scorso, il primo posto sul podio è occupato dal ciclo illegale del cemento, con 13.008 reati, in crescita del 6,5%. Il dato restituisce il quadro dell’abusivismo edilizio nelle nostre città, che tra costruzioni ex novo e ampliamenti significativi produce migliaia di edifici ogni anno. Costruzioni che spesso rimangono incompiute, villette e alberghi che privatizzano interi pezzi di spiaggia, che sorgono in prossimità di fiumi o in aree a rischio idrogeologico. Un fenomeno che si lega a doppio filo con quello delle cave fuorilegge.

Al secondo posto troviamo, con un’impennata del 66,1%, gli illeciti penali nel ciclo dei rifiuti, per un totale di 9.309 reati. Rientrano tra i crimini più pericolosi e profittevoli perpetrati dalle ecomafie. Invece di essere smaltiti secondo le normative ambientali e sanitarie, i rifiuti vengono gestiti illegalmente, con conseguenze devastanti per gli ecosistemi: inquinamento dell’aria, contaminazione delle riserve d’acqua sotterranee, inquinamento dei corsi d’acqua e delle terre agricole.

Come spiega Legambiente, si tratta di reti criminali organizzate che coinvolgono imprenditori, dirigenti aziendali, intermediari, persone con poteri decisionali locali e tecnici privi di scrupoli.

Al terzo posto, con 6.581 reati, c’è la filiera degli illeciti contro gli animali, dal bracconaggio alla pesca illegale, dagli allevamenti fino ai traffici di specie protette, animali domestici e non. Aquile reali, volpi, lupi, orsi, cervi, ma anche fringuelli e cardellini, tonni e pesci spada, e numerose tipologie di animali domestici ed esotici detenuti come pet: è la lunga la lista di specie animali che in Italia sono oggetto di crimini e traffici illeciti. Il tutto per un giro d’affari stimato di circa 3 miliardi di euro all’anno.

Seguono poi gli ecoreati legati agli incendi, sia dolosi sia colposi, che nel 2023 sono stati 3.691. Crescono anche i numeri dell’aggressione al patrimonio culturale (con 642 furti di opere d’arte, il +58,9% rispetto al 2022) e degli illeciti nelle filiere agroalimentari (45.067 illeciti amministrativi, il +9,1% rispetto al 2022), a cominciare dal fenomeno del caporalato, cioè la gestione illegale della manodopera dei lavoratori agricoli, dallo sfruttamento degli immigrati alle mancate contrattualizzazioni.

Il calo dei controlli sugli ecoreati

Le leggi sugli ecoreati esistono ma diminuiscono i controlli. Prosegue infatti l’applicazione della legge 68/2015 sugli ecoreati, che quasi dieci anni fa rappresentò un punto di svolta nella lotta contro l’ecomafia grazie all’introduzione di cinque nuove tipologie di delitti ambientali: inquinamento, disastro ambientale, traffico di materiale radioattivo, omessa bonifica e impedimento del controllo.

Un pacchetto giudiziario con pene significative: dalla reclusione da 2 a 6 anni per il delitto di inquinamento a quella da 5 a 15 anni per chi causa disastri ambientali.

Nel 2023, l’applicazione della legge ha superato quota 600, anche se registra un lieve calo rispetto all’anno passato, quando era stata contestata 637 volte. Una diminuzione dovuta al calo dei controlli, passati da 1.559 a 1.405. Il delitto di inquinamento ambientale resta nel 2023 quello più contestato, 111 volte per l’esattezza, con 210 denunce e 21 arresti.


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