Lo dimostra in maniera evidente quanto troviamo sulle spiagge italiane e del Mediterraneo, soprattutto plastica (84%) che raggiunge le spiagge perché non gestita correttamente a terra. Fino a qualche anno fa i dati dei rifiuti spiaggiati sulle coste italiane e del Mediterraneo erano davvero pochi, ed è per questo motivo che negli ultimi quattro anni Legambiente ha dato vita alla più grande operazione di citizen science a livello internazionale. Ne parla in un interessante contributo a Un Green New Deal per l’Europa, Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente, geologo, responsabile dell’organizzazione delle principali campagne di monitoraggio ambientale, dossier, rapporti e pubblicazioni scientifiche su economia circolare, marine litter, acqua, rischio idrogeologico e bonifiche.
“Grazie all’attivismo e alla partecipazione di cittadini e volontari è stato dato un importante contributo alla ricerca scientifica dal basso, attraverso azioni e campagne che uniscono la ricerca alla sensibilizzazione delle persone e dei governi. La nostra associazione ha setacciato oltre 200 spiagge italiane e del Mediterraneo. Un’azione svolta in collaborazione con l’Agenzia europea per l’ambiente che ha di recente fornito i dati raccolti presso le spiagge europee che si affacciano su Mar Baltico, Mar Nero, Mar Mediterraneo e Oceano Atlantico: 1.627 spiagge monitorate in totale e 693.259 rifiuti raccolti. I rifiuti più comuni sono ancora una volta quelli plastici: frammenti, bicchieri e tappi di plastica, bottiglie, buste o cottonfioc. Dall’ultima indagine che abbiamo svolto risulta inoltre come i rifiuti plastici usa e getta (come bottiglie, stoviglie o buste) siano stati rinvenuti nel 95% delle spiagge monitorate. Nello specifico, un rifiuto su tre è un imballaggio di plastica e oltre il 60% è stato prodotto per durare molto poco: si tratta di materiali usati pochi minuti che possono persistere nell’ambiente per secoli, con danni incalcolabili all’ecosistema, la fauna, l’economia. Elementi che evidenziano l’importanza di insistere a livello europeo e di singoli stati membri con una normativa e con azioni adeguate a prevenire l’inquinamento e la dispersione dei rifiuti plastici nell’ambiente. […]
L’84% dei cittadini europei si dichiara infatti preoccupato per l’impatto sull’ambiente della plastica e l’80% anche per le conseguenze sulla salute. Il 94% chiama in causa l’industria per trovare soluzioni che facilitino il riciclo degli imballaggi in plastica e al tempo stesso ne riducano il consumo. Il 61% sarebbe disponibile a pagare un sovrapprezzo per i prodotti monouso in plastica. Infine, un dato rilevante è quello che riguarda l’impegno di riduzione all’uso dei sacchetti di plastica, dove il nostro paese è al di sopra della media europea, come percentuale di persone che si sono attivate per questo obiettivo prima dell’ultimo anno. Un bel risultato ottenuto grazie al primato dell’Italia nella messa in campo di alcune politiche di riduzione nell’utilizzo della plastica. L’Italia è spesso considerata il fanalino di coda dell’Unione europea, ma su alcuni temi non è così, anzi. Secondo i dati Eurostat per esempio l’Italia è leader europeo nel riciclo dei rifiuti urbani (con il 76,9% di rifiuti riciclati, rispetto a una media europea del 37%). Questo non vuol dire che abbiamo raggiunto gli obiettivi e che non ci siano situazioni emergenziali ancora da affrontare nel nostro paese, ma testimonia che su alcune politiche oggi possiamo fare la differenza anche e soprattutto nel dibattito europeo in corso sull’economia circolare e sul tema delle plastiche in particolare. Siamo stati i primi in Europa a mettere al bando gli shopper non biodegradabili il 1° gennaio 2011, rendendo vigente quanto previsto da un emendamento di Francesco Ferrante approvato nella legge finanziaria 2017. Quando il divieto entrò in vigore ci furono diverse questioni da affrontare a livello europeo e dopo alcuni tentativi iniziali di far fare un passo indietro al nostro paese, oggi invece il bando è previsto da una specifica direttiva europea. Una misura che negli anni ha portato a utilizzare solo sacchetti compostabili e soprattutto a ridurre l’utilizzo di shopper di oltre il 55% nel nostro paese. Ora ci auguriamo che lo stesso percorso di riduzione avvenga anche per i sacchetti leggeri, banditi in Italia dal 1° gennaio 2018 (al momento in cui si scrive però manca ancora la circolare del Ministero della salute che autorizzi l’utilizzo delle retine riutilizzabili e quindi punti a una riduzione nel loro riutilizzo) ma non ancora in Europa (dove invece non c’è ancora la messa al bando). Un primato che abbiamo mantenuto anche a fine 2017, quando nella legge di bilancio è stato approvato l’emendamento, a firma di Ermete Realacci, scaturito dalle numerose campagne e iniziative messe in campo da Legambiente e dalle altre associazioni ambientaliste nei mesi precedenti, che prevedeva la messa al bando dei cottonfioc in plastica e delle micro-plastiche nei prodotti cosmetici. Il risultato è che dal 1° gennaio 2019 nel nostro paese sono vietati i bastoncini per le orecchie in plastica, consentendo la messa in commercio soltanto di quelli compostabili, rendendo obbligatoria l’informazione in etichetta di smaltirli correttamente e di non gettarli nel wc, cattiva e diffusa abitudine che ne causa la presenza in mare e sulle spiagge (oggi costituiscono infatti il 4% dei rifiuti censiti su tutte le spiagge europee). Entrerà inoltre in vigore il 1° gennaio 2020 il divieto a commercializzare nel nostro paese prodotti cosmetici contenenti micro-plastiche, le micro-sfere utilizzate prevalentemente nei prodotti esfolianti e da risciacquo (come per esempio i dentifrici) e che dopo l’utilizzo arrivano direttamente in mare, non essendo trattenute dai filtri dei depuratori. Misure che sono al centro della nuova proposta di direttiva europea sulle plastiche monouso, che ha trovato l’accordo tra Consiglio e Parlamento europeo. La norma prevede il divieto alla vendita sul mercato europeo a partire dal 2021 di cottonfioc, piatti e posate monouso in plastica, cannucce, mescolatori per bevande e aste per palloncini e i contenitori utilizzati per esempio nei fast-food o per il takeaway…”.
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