Il design è responsabile dell’80% degli impatti che un oggetto o un materiale avrà nel corso del suo intero ciclo di vita, dalla fabbricazione alla dismissione. Come ogni buon manuale di economia circolare insegna, la progettazione di un prodotto è una fase essenziale per rendere un prodotto smontabile, riutilizzabile e, come ultima opzione, riciclabile. Inserita nel pacchetto di proposte presentato il 30 marzo dalla Commissione europea per rendere i prodotti sostenibili la norma, l’Ecodesign for Sustainable Products Regulation (ESPR) mira proprio a mettere il design dei prodotti al centro della transizione circolare europea.
Si tratta di un regolamento che stabilisce nuovi requisiti per rendere i prodotti più durevoli, affidabili, riutilizzabili, riparabili, da rinnovare e riciclare; ed efficienti dal punto di vista energetico. Questi requisiti, accessibili a tutti tramite la creazione di un passaporto digitale, garantiranno ai consumatori di conoscere l’impatto ambientale dei loro acquisti. Ciò semplificherà la riparazione e il riciclo dei prodotti, facilitando il tracciamento delle sostanze problematiche lungo la catena di approvvigionamento.
L’Ecodesign for Sustainable Products Regulation
Con la vecchia direttiva sulla progettazione ecocompatibile (The Ecodesign Directive, 2009), il quadro legislativo riguardava solamente i requisiti minimi obbligatori per l’efficienza energetica di alcuni prodotti.
Ora la nuova proposta va verso due direzioni: da un lato include la gamma più ampia possibile di prodotti, dall’altro amplia la portata dei requisiti ai quali gli articoli devono conformarsi. Se prima i requisiti riguardavano solo l’efficienza energetica, ora si parla anche di circolarità, riparabilità, impronta ambientale e climatica. Tutti i prodotti venduti in Europa, insomma, dovranno essere più durevoli, affidabili, riutilizzabili, aggiornabili, riparabili, più facili da mantenere, rinnovare e riciclare, ed efficienti sotto il profilo energetico e delle risorse.
“Solo nel 2021 – si legge nel comunicato – i requisiti di progettazione ecocompatibile hanno consentito ai consumatori di risparmiare 120 miliardi di euro. Le norme hanno inoltre comportato una riduzione del 10 % del consumo annuo di energia per i prodotti interessati”.
Secondo le proiezioni della Commissione l’adozione del nuovo quadro normativo potrà assicurare entro il 2030 un risparmio di 132 Mtep (tonnellate equivalenti di petrolio) di energia primaria, pari a circa 150 miliardi di metri cubi di gas naturale: quasi l’equivalente dell’import annuale di gas russo nell’Unione Europea che ora è crollato.
L’ecodesign per l’elettronica
La proposta della Commissione sull’Ecodesign for Sustainable Products Regulation ha l’ambizione di coprire anche tutti i nuovi prodotti legati al mercato dell’energia. Per questo è previsto un piano di lavoro per la progettazione ecocompatibile e l’etichettatura energetica 2022-2024, il cosiddetto Ecodesign and Energy Labelling Working Plan 2022-2024 che si rivolge in particolare all’elettronica di consumo (smartphone, tablet, pannelli solari), visto il flusso di rifiuti in rapida crescita.
Tra le priorità, la Commissione prevede di estendere la progettazione ecocompatibile e l’etichettatura energetica a cinque nuovi gruppi di prodotti, esplorare la possibilità di introdurre un indice di riparazione per telefoni cellulari e tablet. Tuttavia, non è tutto positivo: prodotti importanti come le infrastrutture per il 5G rimarranno non regolamentati. Secondo l’ONG ECOS (Environmental Coalition on Standards), il successo del piano dipenderà dalle priorità che i funzionari daranno alle revisioni dei regolamenti. “Ci sono dispositivi chiave come caldaie domestiche, condizionatori d’aria e computer che per Ecos devono avere la precedenza”.
La Commissione prevede di esplorare il potenziale nei prossimi anni di radiatori e convettori, apparecchi per lavanderie professionali, lavastoviglie professionali, alimentatori esterni e batterie per veicoli elettrici. È previsto inoltre l’introduzione di un indice di riparazione europeo, ispirato a quello istituito dalla Francia nel 2020, per limitare l’obsolescenza programmata.
Verso lo stop alla distruzione dei beni di consumo invenduti
La proposta della Commissione di una nuova l’Ecodesign for Sustainable Products Regulation prevede inoltre il divieto di distruggere vestiti e calzature invenduti. Su questo tema spinoso il 22 maggio il Consiglio europeo ha trovato un accordo adottando un testo che prevede un’esenzione di 4 anni per le medie imprese e una deroga generale per le piccole e microimprese.
“La pratica di distruggere i prodotti tessili è insostenibile sia dal punto di vista ambientale che economico“, afferma il testo approvato dal Consiglio, definendola una significativa perdita di preziose risorse economiche. Nonostante non siano disponibili dati precisi sui volumi di merce distrutta ogni anno in Europa, nel 2018 il Wall Street Journal ha rivelato che il marchio di lusso Burberry ha distrutto oltre 38 milioni di dollari di abbigliamento e cosmetici, fornendo così un’idea della portata del fenomeno.
Questo divieto, che per entrare in vigore dovrà essere votato anche dall’Europarlamento il 14, luglio, non piace a diversi Paesi membri – tra cui l’Italia – che vorrebbero più deroghe. Secondo il Ministro delle imprese e del Made in Italy Adolfo Urso l’accordo non soddisfa i vari interessi in gioco. Come riporta il Financial Times, anche la Svezia, che ospita il gigante della fast fashion H&M, ha fatto pressioni per rimuovere il divieto dal testo della proposta di regolamento.