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ESG sotto attacco: gli investitori europei valutano azioni legali

di Circularity

Data 01/08/2025
Tipo News

Dopo essere stati demonizzati negli Stati Uniti, il repentino declino normativo dei criteri ESG in Europa ha spinto gli investitori istituzionali a esplorare nuove leve per costringere le aziende a prendere più seriamente i parametri ambientali, sociali e di governance.

Gestori patrimoniali e investitori con sede nel Nord Europa affermano di essere pronti a ridurre le allocazioni alle aziende che ritengono stiano usando la mancanza di regolamentazione come scusa per essere meno trasparenti sui loro rischi ESG.

Sebbene sia ancora in discussione, il pacchetto di semplificazioni Omnibus proposto dalla Commissione europea vuole allentare i requisiti ESG nell’ambito della due diligence e di reportistica aziendale, ridimensionando le direttive CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive) e la CSDDD (Corporate Sustainability Due Diligence Directive). 

Secondo il think tank Accountancy Europe, la proposta escluderebbe oltre il 90% delle circa 50.000 aziende originariamente soggette alla direttiva sulla rendicontazione della sostenibilità aziendale. Le modifiche della direttiva sulla due diligence possono invece comportare una riduzione del numero di aziende interessate a un quinto dell’obiettivo iniziale.

I rischi legati al clima e diritti umani preoccupano gli investitori

Riducendo il numero di imprese obbligate alla reportistica ESG e gli ambiti di applicazione, l’Omnibus potenzialmente complica il lavoro di risk assessment di quei fondi di investimento che vogliono proteggere i loro portfolio dai rischi legati al cambiamento climatico e ai diritti umani.

Non è un caso quindi che un gruppo di 200 realtà, tra aziende e investitori, si stia opponendo al pacchetto di semplificazioni europeo. Attraverso una lettera aperta hanno dichiarato che “la semplificazione normativa può essere realizzata senza compromettere la sostanza delle norme sulla sostenibilità o i loro significativi benefici per le imprese in tutta l’Unione europea”.

Tra le imprese spiccano i nomi di EDF, Vattenfall, Ingka Group e il gruppo Inter IKEA, oltre a fondi pensionistici, assicurativi e gestori patrimoniali, molti dei quali hanno già iniziato a implementare la normativa sulla due diligence.

L’Europa è ancora il principale mercato per gli investimenti ESG, con oltre l’80% degli asset a livello mondiale. Ma questo ridimensionamento, guidato dalle pressioni di Germania, Francia e le lobby imprenditoriali, rischia di far scappare molti investitori. O peggio, creare contenziosi legali.  

Intervistato da Bloomberg Kiran Aziz, responsabile degli investimenti responsabili del fondo pensione norvegese KLP che gestisce circa 114 miliardi di dollari, ha dichiarato di vedere già un numero maggiore di investitori ridurre la propria esposizione verso aziende che non garantiscono criteri ESG sufficienti. 

Tra gli investitori istituzionali europei pronti a fare un passo indietro c’è il fondo pensione olandese PME, che ha dichiarato di voler rivedere l’intero portafoglio, a partire dalle azioni, per eliminare i rischi dal punto di vista ESG.

Le controversie legali

Nel frattempo, gli studi legali seguono con attenzione l’evolversi della situazione, prevedendo un aumento dei contenziosi in ambito di governance aziendale.

Oltre la metà delle aziende globali recentemente intervistate da Baker McKenzie ha dichiarato di accantonare più denaro per coprire le controversie legali ESG e di voler apportare modifiche per evitare costose dispute legali. 

Gli studi legali hanno iniziato a proporsi agli investitori istituzionali in Europa, in previsione di un crescente livello di conflitto in materia di gestione aziendale.

“Le aziende non sprecheranno denaro in attività non regolamentate, ha detto a Bloomberg Eric Pedersen, responsabile degli “investimenti responsabili” di Nordea Asset Management. “Devono essere convinte che questo è il futuro e se CSRD e CSDDD dovessero essere materialmente indebolite, avremmo una carta in meno per convincere le aziende ad agire”.

Quanto peso abbiano queste argomentazioni sarà chiaro quest’autunno, quando il Parlamento europeo definirà la sua posizione e inizieranno i negoziati tra Commissione, Consiglio europeo e Parlamento Ue.

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