Come il fast fashion per l’industria della moda, anche l’elettronica ha un suo lato “oscuro”. La chiamano Fast Tech (tecnologia veloce), un modello di consumo insostenibile che prevede l’acquisto compulsivo di dispositivi elettronici molto economici, poco durevoli e impossibili da riparare; come auricolari di bassa qualità, sigarette elettroniche usa e getta e caricabatterie portatili.
Anche a causa di persuasive campagne marketing condotte dalle grandi piattaforme e-commerce, questi device vengono spesso acquistati d’impulso. Ma dopo pochi utilizzi sono destinati a finire in un cassetto. O peggio, nella spazzatura.
Secondo delle stime pubblicate dalle Nazioni Unite, nel 2022 il mondo ha prodotto 62 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici, di cui solo il 22,3% è stato riciclato correttamente. I rifiuti elettronici sono considerati rifiuti pericolosi perché contengono sostanze chimiche tossiche, che se non smaltite e rilasciate in ambiente causano ingenti danni all’ambiente e alle persone. E la sovrapproduzione di dispositivi elettronici usa e getta non farà altro che esacerbare questa crisi.
Fast tech nel Regno Unito
Qualche numero sul modello di consumo Fast Tech lo ha raccolto Material Focus, un’organizzazione non profit che si occupa di ridurre i rifiuti elettronici nel Regno Unito. Secondo la NGO la spesa dei consumatori britannici per questo tipo di prodotti è quadruplicata dal 2023, raggiungendo la cifra impressionante di 11,6 miliardi di sterline.
Solo l’anno scorso, oltre sette milioni di mini ventilatori portatili – spesso usati durante le ondate di caldo – sono stati acquistati. Ma non è finita qui: si stima che siano stati spesi quasi 8 milioni di sterline per oggetti come sedili da WC luminosi, mini karaoke e persino palloncini LED.
Intervistata dalla BBC, l’esperta Cathrine Jansson-Boyd ha paragonato il fenomeno alla crescita della fast fashion, sottolineando che potrebbe avere un impatto ambientale altrettanto negativo. Prodotti difficili o impossibili da riparare, spesso non riciclabili, e usati per pochissimo tempo: un mix dannoso per l’ambiente.
Le nuove regole sull’ecodesign in Europa
A partire dal 25 giugno sono entrate ufficialmente in vigore nell’Unione Europea nuove regole sull’ecodesign e l’etichettatura energetica per smartphone, telefoni cordless e tablet.
Per questi dispositivi l’industria tech non potrà più adottare logiche di business insostenibili – come l’obsolescenza programmata – che ostacolano la riparazione, ora diritto dei consumatori. Le nuove misure puntano infatti ad aumentare la durata dei dispositivi, migliorarne l’efficienza energetica, facilitarne la riparazione e ridurre l’impatto ambientale, un passo importante verso per raggiungere gli obiettivi di circolarità europea.
Secondo il regolamento sulla progettazione ecocompatibile — complementare a quello sull’etichettatura energetica, le batterie dovranno resistere ad almeno 800 cicli di carica-scarica conservando l’80% della capacità iniziale; i produttori saranno tenuti a garantire aggiornamenti software per almeno cinque anni; e dovranno fornire ricambi entro 5-10 giorni lavorativi, mantenendoli disponibili fino a sette anni dalla fine delle vendite del prodotto.
Benefici economici per il consumatore
Le nuove regole non solo tutelano l’ambiente, ma promettono anche risparmi concreti per i cittadini europei. Secondo le stime della Commissione Europea, entro il 2030 si prevede un risparmio energetico di 2,2 TWh, equivalente a un terzo dei consumi in assenza di misure, o a più della metà del consumo annuo di elettricità di Malta.
I consumatori potrebbero risparmiare complessivamente 20 miliardi di euro entro il 2030 grazie alla maggiore durata dei dispositivi e alla possibilità di ripararli più facilmente. Migliorerà anche il riutilizzo di materie prime critiche, riducendo la dipendenza da risorse difficilmente accessibili e favorendo il riciclo.
La Commissione prevede di esplorare il potenziale nei prossimi anni di radiatori e convettori, apparecchi per lavanderie e lavastoviglie professionali, alimentatori esterni e batterie per veicoli elettrici. È previsto inoltre l’introduzione di un indice di riparazione europeo, ispirato a quello istituito dalla Francia nel 2020, per limitare l’obsolescenza programmata.