L’Europa deve accelerare la transizione circolare perché la sua economia è ancora troppo lineare. È questo l’esito del corposo report “Accelerating circular economy in Europe” pubblicato giovedì 11 marzo dalla European Environment Agency (EEA). Ogni anno l’impronta carbonica causata dal consumo di materia è di oltre 6 miliardi di tonnellate di anidride carbonica. Un dato che è stabile da circa una decina di anni e che testimonia quanto il modello lineare abbia un impatto climatico negativo rilevante.
Il tasso di circolarità non aumenta
Secondo quanto emerge dal report dell’Agenzia Ambientale europea, nel 2022 sono stati utilizzati circa 8 miliardi di tonnellate di materiali, con il 35% di questi che è diventato rifiuto. Al di là dei numeri, l’EEA invita ad osservare il tasso di circolarità, ovvero quell’indicatore che misura la quota di materiale riciclato e successivamente reintrodotto nell’economia. Più il tasso è alto, minore sono l’estrazione di materie prime e il consumo di energia nel lavorare questi materiali. Con il risultato di ridurre le esternalità ambientali negative.
Nonostante le numerose iniziative, leggi e investimenti, il tasso di circolarità europea è ancora fermo all’11,5% e non offre segni di crescita incoraggianti. Secondo i dati raccolti da Eurostat, nel 2022 il tasso di circolarità è stato più alto nei Paesi Bassi (27,5%), seguiti da Belgio (22,2%) Francia (19,3%) e Italia (18,7%). Quello più basso è stato registrato in Finlandia (0,6%), Romania (1,4%) e Irlanda (1,8%).
“Siamo ancora molto lontani dall’obiettivo di raddoppiare il tasso di circolarità – spiega a Circularity Daniel Montalvo, esperto climatico dell’Agenzia Ambientale europea – è necessario quindi ridurre la produzione e il consumo di materia. I dati ci dicono che il riciclo non sta tenendo il passo con la domanda e il consumo di materiali”. La quantità di rifiuti prodotti è di circa 2,4 miliardi di tonnellate ogni anno. Secondo Montalvo, è vero che l’Europa è riuscita a disaccoppiare la crescita economica misurata dal PIL con il consumo di materie prime. Tra il 2000 e il 2022, infatti, l’estrazione di risorse è scesa del 2%, mentre il PIL dell’Unione è cresciuto del 31%. Ma la produzione di rifiuti è comunque in continuo aumento.
Le soluzioni: dall’ecodesign alla tassa sulla materia estratta
Così come l’Agenzia ambientale europea elenca i principali ostacoli che non consentono il decollo della circolarità, nel report viene dedicato ampio spazio anche alle soluzioni.
Applicando un approccio più circolare per i materiali più impattanti da un punto di vista climatico come acciaio, cemento, plastica e alluminio, si potrebbero ridurre le emissioni di CO₂ derivate da questi materiali del 40% entro il 2050.
Per aumentare il tasso di circolarità occorre implementare principi di ecodesign, massimizzare l’uso e la durata dei prodotti attraverso il riutilizzo e la riparazione. Infine, resta necessario ridurre il consumo di prodotti insostenibili e incoraggiare comportamenti più consapevoli da parte dei consumatori.
“Nel nostro rapporto osserviamo una dicotomia tra coloro che pensano sia necessario rivoluzionare il nostro modo di produrre e consumare – aggiunge Montalvo – e coloro che pensano al progresso tecnologico come unico strumento per raggiungere gli obiettivi ambientali e climatici. In realtà si tratta di una combinazione di entrambe le cose”.
Con l’invecchiamento della popolazione europea e la necessità che i prezzi dei prodotti riflettano le esternalità ambientali, secondo l’EEA sarebbe opportuno adottare un’imposta sulle materie prime estratte. Questa misura incentiverebbe l’acquisto e il consumo di materie prime seconde, promuovendo investimenti nelle infrastrutture di riciclo e pratiche di riuso e riparazione.
Un esempio di tassazione simile l’ha adottata con successo la Danimarca, dove esiste un’imposta sull’estrazione di materie prime come sabbia, ghiaia, pietre, torba, argilla e calcare. Grazie a questa misura, il Paese ha visto aumentare il riciclo di rifiuti da costruzioni e demolizioni dal 12% nel 1985 al 94% nel 2004.