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La Germania alla sfida circolarità

Data 02/08/2024
Tipo News
Aerial view of the famous Victory Column in Berlin, Germany

Lo scorso 4 maggio la Germania aveva già superato i suoi limiti ecologici. Questo precoce Overshoot day –  ovvero il giorno in cui la domanda di risorse e servizi ecologici del Paese in un determinato anno ha superato quella che il pianeta può rigenerare nell’arco del medesimo anno – è la sentinella di un’economia ancora troppo lineare, improntata più sul consumo di materie prime che sul loro riutilizzo e riciclo.

Un segnale allarmante che Indeed (azienda globale di design e innovazione per l’economia circolare) ha riscontrato nei report di sostenibilità di 40 tra le maggiori società tedesche quotate alla borsa di Francoforte. Tra obiettivi poco ambiziosi e la mancanza di strategie, il report INDEED Circularity Index 2024 dimostra come in Germania la strada versa la circolarità sia ancora molto lunga.

La linearità delle maggiori aziende tedesche

Secondo il white paper di Indeed, il 79% delle aziende DAX 40 (l’indice azionario Deutscher Aktien Index) continua a seguire un modello lineare. Questa maggioranza si divide in due gruppi: coloro che lavorano in modo ambizioso per ridurre la propria impronta di CO₂ e coloro che invece hanno iniziato a decarbonizzare le proprie attività con ritardo oppure non hanno presentato finora strategie ambiziose.

Oltre la metà (51%) delle aziende si sta impegnando attivamente nell’adottare modelli di business circolari. Tuttavia solo il 13% del totale si è posto target specifici. Il 36% del totale delle aziende non ha annunciato ancora alcun impegno o obiettivo. Secondo gli analisti di Indeed si registra anche una mancanza di trasparenza nella rendicontazione: solo 7 aziende su 15 riportano con chiarezza i progressi.

Le aziende più (e meno) circolari

Tra le aziende più virtuose identificate da Indeed troviamo la società di telecomunicazioni Deutsche Telekom , inclusa tra i Circular Transformator, ovvero quelle realtà che si concentrano sulla conservazione del valore di un prodotto durante l’intero ciclo vita. Implementano varie strategie, come i programmi di ritiro per il ricondizionamento e la riparazione dei prodotti o dei pezzi di ricambio, ed esplorano modelli innovativi come il “product as a service”, collaborando con altri partner per creare sistemi a ciclo chiuso per i flussi di materiali ed energia. 

Tra i leader della circolarità ci sono anche BMW, Siemens, Adidas che secondo l’analisi stanno già contribuendo in modo significativo al raggiungimento dell’obiettivo dell’Accordo di Parigi di limitare il riscaldamento globale a un massimo di 2°C.

Meno performative sono le aziende categorizzate come Circular Followers, ovvero quelle realtà che condividono target di circolarità simili ai player più virtuosi, ma i cui sforzi ambientali non limitano in modo significativo il riscaldamento globale.

Tra i tradizionalisti dell’economia lineare, invece, ci sono compagnie del calibro di Vonovia che nel settore del real estate residenziale segue i generali principi di sostenibilità , ma non ha annunciato obiettivi o misure circolari specifiche.

La circolarità tedesca fatica a decollare

Secondo lo Status Report dell’economia circolare tedesca, sono circa 10.000 le aziende private e pubbliche che si occupano delle oltre 400 milioni di tonnellate di rifiuti raccolti, selezionati e riciclati ogni anno. Queste attività danno lavoro a circa 315.000 persone.

Nel 2022 l’import di materie prime seconde ha toccato i 16 miliardi di euro di valore, l’export 18. Tuttavia, nonostante i dati di una filiera in crescita, il tasso di circolarità della Germania non supera il 13,4%, poco sopra la media europea (12.8%).

Nell’ultimo Circularity Gap, realizzato dal think-tank Circle Economy, la Germania è inclusa tra gli shift countries, ovvero quei paesi come UK, USA, Giappone, Canada, Australia che contribuiscono di più al superamento dei limiti planetari.

A fronte di una popolazione che rappresenta il 17% di quella globale, gli shift countries producono il 43% delle emissioni e consumano un quarto di tutte le materie prime.

Questi paesi sono arrivati a un punto del loro sviluppo in cui l’accelerazione di produzione e consumo non porta più nessun miglioramento nel benessere delle persone. La sfida per loro è dunque diminuire drasticamente l’utilizzo di materiali e risorse passando a modelli di consumo circolari.


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