“Signore e signori, la nave ha raggiunto la riva”, con queste parole piene di gioia, Rena Lee, presidente dell’Intergovernmental Conference on Marine Biodiversity of Areas Beyond National Jurisdiction, ha annunciato il raggiungimento di un accordo storico per tutelare le acque d’altura. Dopo quasi 10 anni di faticosi negoziati, i Paesi membri delle Nazioni Uniti hanno trovato un’intesa su un trattato legalmente vincolante che istituisce un quadro giuridico globale per la creazione e la gestione di Aree Marine Protette (AMP).
Specificatamente, l’accordo fa riferimento alle acque d’altura, un’area che si trova a 200 miglia nautiche dalle acque territoriali e che accoglie un habitat di specie ed ecosistemi unici al mondo. Nonostante occupino quasi i due terzi della superficie globale di mari e oceani, le acque d’altura hanno fino ad oggi beneficiato di scarsa protezione, pari solo all’1% della loro intera estensione.
Perché è importante il trattato sull’acque d’altura
Il trattato è fondamentale per diversi motivi. Innanzitutto, permette di far rispettare gli impegni – assunti dai Paesi nel 2022 alla conferenza di Montreal sulla biodiversità – di proteggere entro il 2030 il 30% delle terre, degli oceani, delle zone costiere e delle acque della Terra. Senza uno strumento legale vincolante che definisca e protegga le Aree Marine Protette, questo obiettivo diventerebbe difficilmente raggiungibile.
Una volta ratificato da 60 Paesi, il trattato porrà formalmente un limite alle rotte di navigazione, alle attività di pesca, di esplorazione ed estrazioni come il deep sea mining, lo sfruttamento minerario dei fondali abissali. Un’altra novità riguarda l’istituzione di una Conferenza delle Parti (Cop) che si riunirà periodicamente e consentirà agli Stati di essere chiamati a rispondere di questioni relative a governance e biodiversità.
Secondo il Guardian, la High Ambition Coalition – che comprende Unione Europea, Stati Uniti, Regno Unito e Cina – ha svolto un ruolo chiave nel mediare l’accordo, costruendo una coalizione che ha mostrato disponibilità al compromesso, specialmente negli ultimi giorni di negoziati. Il Sud globale ha fatto invece da apripista garantendo che gli accordi del trattato potranno essere attuati in modo giusto ed equo.
L’idea di istituire le acque d’altura, come scrive la naturalista Valeria Barbi su Materia Rinnovabile, risale a più di 40 anni fa. “Il primo tentativo di regolamentare una delle aree più fragili e fondamentali del Pianeta risale al 1982 quando i Paesi membri delle Nazioni Unite hanno ratificato la Convenzione sul diritto del mare che istituiva un’area – chiamata appunto acque d’altura – in cui, nell’ottica della condivisione delle risorse, tutti i Paesi avevano il diritto di pescare, navigare e fare ricerca. Una situazione che, considerata l’innata propensione umana di non porre limite all’accaparramento delle risorse naturali, ha comportato il degrado e il sovrasfruttamento di un ecosistema fragile e importantissimo”.
Le criticità del trattato
Il Trattato sulle acque d’altura contiene però delle clausole che consentono ai firmatari, in determinate circostanze, di rinunciare all’istituzione di Aree Marine Protette. Inoltre permetterà agli enti già responsabili della regolamentazione delle attività di trasporto e pesca commerciali, e di estrazione, di continuare a farlo senza per ora dover seguire e adottare i nuovi standard di valutazione di impatto ambientale stabiliti dall’accordo. Secondo le organizzazioni ambientaliste questo limbo sarebbe pericoloso per gli ecosistemi marini che, anche se si rinnovano in tempi molto più brevi rispetto a quelle terrestri, hanno bisogno di protezione immediata a causa della loro estrema fragilità.
Uno degli ostacoli principali dei negoziati ad aver diviso i Paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo è stato il modo in cui condividere equamente le risorse genetiche marine (marine genetic resources; MGR) e gli eventuali profitti. Spugne marine, krill, coralli, alghe e batteri stanno attirando grande interesse scientifico e soprattutto commerciale per il loro potenziale utilizzo in farmaci e cosmetici.
Un’altra criticità riscontrata riguarda la procedura per la creazione di aree marine protette e il modello per gli studi di impatto ambientale delle attività pianificate in alto mare. In una mossa vista come un tentativo di costruire la fiducia tra Paesi industrializzati e il Sud globale, l’Unione Europea si è impegnata a stanziare 40 milioni di euro per facilitare la ratifica del trattato e la sua rapida attuazione.