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Editoriale Luglio 2019

di Paola Ficco, “Avvocato - Giurista ambientale e Direttore della Rivista RIFIUTI

Data 16/07/2019
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Rivista Rifiuti n° 273

Il mondo scomparso della gestione dei rifiuti. Potrebbe essere questo l’evocativo titolo di un possibile studio per la ricerca di un “come eravamo” di settore. Prima che l'”incubo End of Waste” si abbattesse sulle nostre imprese del riciclo e del recupero.

Un contesto remoto dove il mestiere di ricavare risorse dai rifiuti era normale. Semplicemente perché, dapprima, quello che non andava a smaltimento non era rifiuto (tutti ricordiamo i mercuriali) e successivamente, dopo aver ingoiato l’amaro calice del “tutto rifiuto”, Regioni e Stato guardavano nella stessa direzione: farcela. Poi con la ripartizione di competenze si è giunti alla polverizzazione delle responsabilità. Di qui, il potere amministrativo locale si è fatto vittima del proprio nichilismo poiché incapace di darsi un fine.

Il pessimismo della ragione pone in evidenza le sofferenze del settore.

Il riciclo e il recupero sono elementi essenziali e non eliminabili per far sì che il sistema di gestione dei rifiuti abbia un senso e funzioni. Una centralità radicalmente messa in discussione. E non sono certamente i pochi regolamenti e decreti esistenti a poterci far dire che il problema End of Waste sia avviato a soluzione; un’affermazione al limite della demagogia. Mentre il mantra dell’economia circolare si prodiga nel restituire tutta una serie di bellezze e di vantaggi e, fingendo di ignorare il concetto giuridico di rifiuto, tenta di scavalcarlo di nascosto.

La promessa è quella di uno sviluppo straordinario; la minaccia è che si infranga sui limiti amministrativi di un paese in crisi strutturale. Tra le due, per ora, prevale la seconda. E non poteva che essere così.

Infatti, il rapporto tra assetto statuale ed esigenze economiche ed ambientali non ha ancora trovato una sua equa convivenza. L’inclusività (rectius: invasività) del concetto giuridico di “rifiuto”, al di là di un trattamento uniforme a prescindere dai cicli di provenienza da un lato ha dato vita a un’età di grande attenzione sociale e dall’altro ha creato una grande contrapposizione fra opposte visioni del mondo (recupero energetico sì – recupero energetico no; raccolta differenziata spinta-separazione secco/umido) che, nella gestione dei rifiuti, trasferiscono la loro visione del rapporto con la società e della identificazione collettiva tipica delle politiche sociali.

Il grande consenso che si registra da più parti al riciclo e al recupero (fatti, ovviamente e sempre, a casa di qualcun altro) spinge moltissimi a farne una bandiera politica che, in una società post moderna e post industriale, riscopre il valore della decisione partecipata dal basso. Un basso però troppo basso perché, dominato dai sensi, conosce solo la propria verità individuale; quindi, crede vero solo quello che può conoscere immediatamente.

Insomma, la conoscenza si risolve nell’apprendimento individuale, complice internet e la sua rete. Un basso che si distingue per la sciatteria del linguaggio che si cerca di far passare per semplicità.

Non è vero. La sciatteria rispecchia un vuoto interiore e restituisce una scrittura senza ordine e senza punteggiatura. Quindi, senza respiro.

Come il pensiero che la anima. A proposito della sciatteria del linguaggio, G. Orwell (indimenticato autore di “1984”) scriveva che “poiché i nostri pensieri sono fatui, la lingua diventa sgradevole e sciatta, ma la trascuratezza della lingua favorisce – a sua volta – la tendenza ad avere fatui pensieri”. In questa spirale involutiva, il pilota automatico è inserito e nessuno vuole cambiare la rotta. L’era del disordine è arrivata, ma nessuno sa come e quando arriverà lo schianto.

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