Iniziata con la pandemia di Covid, la crisi del riciclo della plastica continua a preoccupare la filiera. Dopo le chiusure di numerosi impianti in Europa, anche in Italia i conti non tornano: crollo degli utili e costi sempre più alti.
Una recessione che colpisce uno dei settori cardine della circolarità europea e che era già nell’aria da un po’ di tempo. A settembre le principali associazioni europee dei riciclatori di plastica avevano inviato una lettera alla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen chiedendo interventi immediati a sostegno della filiera.
A inizio ottobre in Italia è stato convocato un tavolo con l’intero comparto per condividere le preoccupazioni con il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE).
Chiudono le imprese e crollano gli utili
Bastano pochi numeri per descrivere il momento buio del settore: dal 2023 hanno chiuso circa 40 impianti – soprattutto nel Regno Unito e nei Paesi Bassi – con una perdita di capacità di riciclo di 280.000 tonnellate, un tracollo degli utili e costi operativi triplicati.
“L’Europa sta perdendo la propria capacità di riciclo” ha commentato Walter Regis, presidente di Assorimap, l’associazione italiana che riunisce il 90% dei riciclatori e rigeneratori di materie plastiche. “L’Italia è la prossima linea del fronte. I nostri dati mostrano un crollo verticale degli utili di esercizio, passati da 160 milioni di euro nel 2021 a soli 20 milioni nel 2023: un tracollo dell’87% che viaggia ormai verso lo zero, nonostante la produzione di plastica riciclata resista. Siamo in piena crisi”.
Le chiusure in tutta Europa stanno erodendo l’autonomia strategica dell’Unione, con una perdita di capacità di riciclo che nel 2024 ha superato le 280.000 tonnellate e che potrebbe raggiungere 380.000 nel 2025. Intanto, i costi operativi continuano a crescere: in Italia il costo complessivo di produzione della materia prima seconda, spinto dal caro energia, è triplicato rispetto a Turchia e Cina ed è cinque volte superiore al Vietnam.
Il prezzo di mercato del PET riciclato si aggira oggi tra 1.400 e 1.500 euro a tonnellata. “Le nostre imprese continuano a produrre perché credono negli obiettivi di decarbonizzazione europei”, prosegue Regis. “Ma dal 2022 hanno perso il 30% del fatturato. Se escludiamo le attività integrate, i numeri diventano inquietanti: 155 milioni di utili nel 2022, 6 milioni nel 2023 e probabilmente zero nel 2025”.
La concorrenza sleale denunciata dalle associazioni di categoria
A differenza di altri materiali come alluminio, vetro e carta, le plastiche vergini restano oggi più convenienti di quelle riciclate. Mancano economie di scala e strumenti per ridurre i costi, soprattutto quelli energetici, che da anni gravano sul settore.
Secondo i riciclatori, attività come il riciclo, la colorazione e la conversione dei polimeri dovrebbero poter accedere ai principali pacchetti di aiuti europei: dal Net-Zero Industry Act al Clean Industrial State Aid Framework, fino all’Industrial Decarbonisation Accelerator Act e alle Climate, Environment and Energy Aid Guidelines.
Le organizzazioni europee del riciclo denunciano inoltre una concorrenza “sleale” dovuta all’importazione di plastiche riciclate a basso costo da Paesi extra-UE. Gli incentivi richiesti dal comparto potrebbero derivare anche da nuove norme legislative, come l’obbligo di contenuto riciclato — sul modello delle bottiglie monouso, che dal 2025 dovranno contenere almeno il 25% di plastica riciclata.
Ma per raggiungere una vera circolarità su larga scala servono politiche industriali solide, una visione comune e regole capaci di rendere il riciclo competitivo.
Anche gli altri settori in difficoltà
In generale anche l’industria del riciclo di altri materiali sta attraversando una fase di stallo economico, con volumi da gestire in espansione e marginalità in diminuzione.
Dopo un decennio di lenta ma costante espansione in termini di fatturati e volumi, cinque filiere del riciclo (plastica, carta, vetro, organico e RAEE) registrano un calo delle marginalità media, nonostante i ricavi da 7 miliardi di euro nel 2023.
Secondo l’Osservatorio sull’industria del riciclo e dei rifiuti di AGICI, l’industria del riciclo oggi si scontra con un paradosso della crescita, che vede i ricavi aumentare ma le marginalità diminuire. In questo contesto, a farne le spese sono gli impianti di riciclo vero e proprio, la parte terminale della filiera, per cui il modello di business è sempre meno sostenibile.