Il nostro stile di vita è insostenibile. Il volume di rifiuti che produciamo quotidianamente dovrebbe renderci consapevoli di questo. Pertanto, intraprendere azioni che contribuiscano a ridurre al minimo la produzione di rifiuti dovrebbe essere una delle nostre sfide principali. Da questa idea nasce il movimento Zero Waste, basato sulla regola delle cinque R: rifiutare, riutilizzare, ridurre, riciclare e “rot” (marcire/compostare).
Secondo i dati delle Nazioni Unite, ogni anno nel mondo produciamo circa 11,2 miliardi tonnellate di rifiuti. Questo elevato volume rende la loro gestione molto complessa, causando un significativo impatto negativo sull’ambiente: dall’inquinamento delle acque e del suolo all’emissione di gas inquinanti derivati dalla disintegrazione dei rifiuti, che rappresentano il 5% delle emissioni globali di gas serra, una delle principali cause del riscaldamento globale.
Zero Waste, o Rifiuti Zero in italiano, si riferisce ai principi che mirano a riutilizzare i prodotti in modo che non ritornino in natura sotto forma di rifiuti o spazzatura. In questo paradigma, il ciclo di vita degli oggetti viene esteso, richiedendo l’inclusione nella loro composizione del maggior numero possibile di materiali biodegradabili che non danneggiano il pianeta. Un modello molto diverso dalla maggior parte dei prodotti confezionati o realizzati in plastica (che impiega da uno a quattro secoli per degradarsi) e altre sostanze inquinanti.
La definizione del modello Zero Waste
Secondo la Zero Waste International Alliance (ZWIA), l’obiettivo è quello di raggiungere “la conservazione di tutte le risorse attraverso la produzione, il consumo, il riutilizzo e il recupero responsabile di tutti i prodotti, gli imballaggi e i materiali, senza bruciarli e senza scaricarli nel suolo, nell’acqua o nell’aria, in modo che non minaccino l’ambiente o la salute umana”.
Per ZWIA, il raggiungimento di questo obiettivo spetta ai produttori e ai fabbricanti, ma spetta anche a ciascun consumatore impegnarsi per la causa. Il cambiamento delle abitudini e delle priorità richiede l’intervento di tutta la società, e le istituzioni e i governi hanno un ruolo fondamentale nell’implementazione di normative sui rifiuti zero, oltre che di incentivi fiscali e di sostegno alle attività meno inquinanti.
Secondo la Conferenza dei Sindaci degli Stati Uniti, “il concetto di rifiuti zero va oltre il riciclo e il compostaggio alla fine del ciclo di vita di un prodotto. Comprende l’intero ciclo di vita del prodotto, dalla sua progettazione all’uso e alla gestione dei materiali in modo da preservare il valore, ridurre al minimo l’impatto ambientale e conservare le risorse naturali”.
Cinque R, zero rifiuti
Il modello Zero Waste è riassunto nelle cinque R:
- Rifiutare ciò che non serve.
- Ridurre ciò che serve.
- Riutilizzare tutti i tipi di materiali, imballaggi e confezioni (con la raccomandazione di consumare prodotti di seconda mano).
- Riciclare tutto ciò che non può essere scartato o ridotto.
- “Rot“, parola inglese che definisce l’azione di decomposizione o compostaggio della materia organica per ottenere un fertilizzante naturale.
Il problema è che, nonostante queste iniziative, i rifiuti aumentano a un ritmo preoccupante. Secondo la Banca Mondiale, le sole città generano 2,01 miliardi di tonnellate di rifiuti solidi (0,74 chili per persona al giorno). Se non si riuscirà a promuovere una politica globale di rifiuti zero, questa cifra potrà raggiungere i 3,4 miliardi di tonnellate entro il 2050.
Zero Waste Italy e i dieci passi verso rifiuti zero
ZERO WASTE ITALY e ReteZeroWaste sono le due associazioni che in Italia promuovono lo stile di vita senza rifiuti. Si occupano principalmente di sviluppare progetti per l’applicazione dei 10 passi verso rifiuti zero, definiti dalla carta internazionale di Napoli della ZWIA:
- Separazione alla fonte
- Raccolta porta a porta
- Compostaggio
- Riciclaggio
- Riduzione dei rifiuti
- Riuso e riparazione
- Tariffazione puntuale
- Recupero dei rifiuti
- Centro di ricerca e riprogettazione
- Azzeramento rifiuti
Quali misure sono state adottate?
Per promuovere un’economia Zero Waste sono state adottate diverse misure. Pensiamo ad esempio alla politica di far pagare i sacchetti di plastica nei negozi e nei supermercati per ridurne l’uso, essendo questi tra gli articoli che inquinano maggiormente gli oceani, insieme ai mozziconi di sigaretta, agli involucri degli alimenti e alle bottiglie di plastica, secondo l’Ocean Conservancy. La riduzione dell’uso dei prodotti di plastica monouso è al centro della direttiva SUP, con la quale l’Europa mira a diventare leader nella lotta contro i rifiuti marina e l’inquinamento da plastica.
Rifiuti Zero ed economia circolare
Le associazioni per la tutela della natura chiedono che venga migliorata l’etichettatura dei prodotti, in modo che i consumatori siano consapevoli dei loro impatti ambientali, compresi i rifiuti, di ciò che acquistano, e avvertono che i materiali pubblicizzati come biodegradabili non lo sono poi così tanto.
Le plastiche biodegradabili, ricavate da prodotti organici come la manioca, il mais o il grano, hanno fatto il loro ingresso sulla scena, ma il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP) ne ha sottolineato gli effetti collaterali, come la difficoltà della loro degradazione in mare o l’aumento della superficie coltivata necessaria per soddisfare la domanda.
In realtà la sfida Zero Waste è molto più ampia e non comprende solo le cinque R del consumo, ma un cambio di paradigma verso l‘economia circolare: “Il modello di produzione e consumo che prevede la condivisione, il noleggio, il riutilizzo, la riparazione, il rinnovo e il riciclaggio dei materiali e dei prodotti esistenti il più spesso possibile per creare valore aggiunto ed estendere il ciclo di vita dei prodotti”, come definito dalla Commissione Europea.