La EPR implica che le aziende devono preoccuparsi del fine vita dei loro prodotti, estendendo questa responsabilità a filiere industriali di recupero e riciclo.
La EPR (Responsabilità Estesa al Produttore) appare quale logica trasposizione del principio di chi inquina paga e dei principi sottesi alla gerarchia dei rifiuti e, in chiave odierna, è lo strumento che promuove l’economia circolare. Nella nuova Direttiva UE 2018/851 viene ridefinito il principio di Extended Producer Responsability (EPR) precisamente nell’art. 8-bis, dove vengono ridefiniti i requisiti minimi di funzionamento dei regimi EPR, al fine di ridurne i costi, migliorarne l’efficacia, garantirne pari condizioni di concorrenza. Questo principio sta alla base del funzionamento dei sistemi collettivi di gestione rifiuti in Italia. L’EPR è un principio fondamentale che deve essere rispettato per riuscire a raggiungere i nuovi sfidanti obiettivi delle direttive UE sull’economia circolare, e permette il sostegno economico di quelle filiere del riciclo che non riuscirebbero inizialmente ad avere un ritorno economico per le attività totali di gestione, dalla differenziazione alla raccolta, fino alla selezione, trattamento, riciclo e riutilizzo dei materiali riciclati. In Italia, la maggior parte dei produttori che immettono un prodotto nel mercato, rispettano il principio EPR avendo fondato dei consorzi nazionali che, grazie anche a un pagamento di un contributo economico prestabilito annualmente (Contributo Ambientale) che permette di sostenere economicamente la filiera di gestione, delegano a questi la responsabilità di occuparsi del loro prodotto immesso nel mercato al fine vita. Secondo le nuove direttive sempre più produttori dovranno rispettare l’EPR rendendosi responsabili del fine vita dei loro prodotti immessi a consumo, riuscendo a raggiungere così gli sfidanti obiettivi sopra elencati.
Le nuove regole in materia di responsabilità estesa del produttore, rappresentano una delle principali novità contenute nel Dlgs 3 settembre 2020 n.116 che recepisce e mette in atto le direttive 2018/851/Ue e 2018/852/Ue — Norme in materia di rifiuti e imballaggi — Modifiche al Dlgs 152/2006 (Codice ambientale) — In vigore dal 26/9/2020.
EPR: Nuovi sistemi collettivi
Come indicato al punto precedente, per espletare l’obbligo dell’EPR, i produttori ricorrono alla formulazione di sistemi individuali o collettivi per poter occuparsi di tutta la vita del loro prodotto immesso sul mercato fino al momento che diventano rifiuti. In Italia ci sono diversi sistemi collettivi che funzionano in maniera diversa l’un l’altro secondo anche alle tipologie di rifiuti che vengono gestiti, avendo caratteristiche fisiche, quantitative e logistiche diverse. I principali sistemi collettivi riguardano i rifiuti urbani maggiormente prodotti, come gli imballaggi, che grazie al consorzio CONAI e ai suoi 7 consorzi di filiera, riescono a gestire la stragrande maggioranza dei rifiuti da imballaggio prodotti, o gli olii minerali e vegetali usati con i consorzi CONOE e CONOU oppure quello degli pneumatici fuori uso come ECOPNEUS. Per tante altre tipologie di rifiuti, non ci sono ancora filiere di recupero organizzate con uno strumento come il sistema collettivo creando inefficienze e non recuperando al meglio i rifiuti prodotti. Ci sono interi settori come quello dei rifiuti da costruzione e demolizione, che sono anche i rifiuti maggiormente prodotti in Italia, che potrebbero essere organizzati in un sistema collettivo per recuperare il più possibile i materiali, organizzandosi in una filiera definita e connessa riuscendo anche a incentivare l’utilizzo dei materiali riciclati nelle fasi iniziali di produzione. Un sistema collettivo in questi settori permetterebbe di avere una sicurezza di avvio a riciclo dei rifiuti anziché a smaltimento e un maggior sostegno economico di sviluppo all’intera filiera. Altri settori come il tessile o i rifiuti organici e del verde potrebbero utilizzare lo strumento del sistema collettivo per poter incentivare il recupero dei loro rifiuti prodotti.
Come funziona un sistema collettivo
Per riuscire a spiegare come funziona nel dettaglio un sistema collettivo, prendiamo l’esempio del recupero degli imballaggi in Italia del consorzio nazionale CONAI (Consorzio Nazionale Imballaggi), che con il funzionamento di altri 6 sottoconsorzi di filiere specifiche, riesce a incentivare il recupero e il riciclo di questi rifiuti.
Lo schema presenta il funzionamento del sistema consortile di raccolta degli imballaggi in Italia che coinvolge diversi attori e sostanzialmente due flussi, uno di materia e uno economico.
analizzando inizialmente il flusso di materia, un produttore immette a consumo una materia prima o degli imballaggi che verranno utilizzati dalle filiere industriali per produrre packaging che verranno messi in distribuzione per essere poi acquistati dai consumatori. Una volta svolto il loro compito, i packaging diventano rifiuti che vengono raccolti attraverso la raccolta differenziata dai Comuni o dai loro gestori di rifiuti. Questi rifiuti, tramite un accordo ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani) – CONAI, vengono gestiti da impianti di selezione, valorizzazione, riciclo/recupero consorziati ai consorzi specifici di ogni imballaggio divisi per materiale: COREPLA -> PLASTICA, COMIECO -> CARTA, RILEGNO -> LEGNO, COREVE -> VETRO, RICREA -> ACCIAIO, CIAL -> ALLUMINIO. Questi impianti riciclano i materiali producendo Materia Prima Seconda (MPS), che viene poi rivenduta ai produttori stessi o ad altre filiere industriali.
Lo schema presenta il funzionamento del sistema consortile di raccolta degli imballaggi in Italia che coinvolge diversi attori e sostanzialmente due flussi, uno di materia e uno economico.
il secondo flusso di funzionamento di un sistema collettivo è quello economico, che permette il successo di quello “materico”. I produttori di materia prima o di imballaggi rispettano il principio EPR, pagando il Contributo Ambientale (in questo caso Contributo Ambientale Conai – CAC) che permette di sostenere la filiera di recupero. Pagando il CAC si preoccupano quindi di recuperare e riciclare, seppur indirettamente, i loro prodotti che sono diventati rifiuti, riuscendo così a recuperare materia e a ridurre lo smaltimento. Il CAC viene raccolto e gestito da CONAI che suddivide poi i proventi nei diversi consorzi di filiera per sostenere i costi di raccolta differenziata e quelli di riciclo/recupero. I Comuni e i gestori rifiuti che fanno la raccolta differenziata, stipulano un accordo quadro detto Accordo ANCI-CONAI per fissare i valori economici dei diversi imballaggi raccolti, riuscendo così a incentivare la raccolta. Gli impianti di riciclo ricevono i rifiuti e sono sostenuti economicamente secondo le indicazioni dei consorzi e li riciclano per poi vendere le MPS ai produttori stessi o ad altre filiere industriali.
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