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Discariche chiuse: no ai piani di emergenza interna se hanno seguito tutte le prescrizioni del Dlgs 36/2003

di Rosanna Laraia - Microbiologa, già Responsabile del Centro Nazionale per il ciclo dei rifiuti e l'economia circolare di Ispra

Data 14/06/2022
Tipo Quesito del mese
rivista rifiuti

risponde Rosanna Laraia – Microbiologa, già Responsabile del Centro Nazionale per il ciclo dei rifiuti e l’economia circolare di Ispra

Domanda

In relazione al Dl 4 ottobre 2018, n. 113 (legge 1º dicembre 2018 n. 132), ai sensi dell’articolo 26, comma 9, si chiede se il gestore di discariche chiuse sia tenuto a redigere i piani di emergenza interni.
Su una discarica, al momento, è ancora presente una torcia per la combustione del biogas da discarica, mentre, le altre sono tutte chiuse da tempo. Inoltre, si gestiscono anche siti di stoccaggio (realizzati in via eccezionale per il deposito di balle ex Cdr) che attualmente sono sempre chiusi e non accolgono rifiuti. Al riguardo, si chiede la Vostra opinione.

Risposta

L’articolo 26-bis, Dl 113/2018 prevede l’obbligo per i gestori di impianti di stoccaggio e di lavorazione dei rifiuti, esistenti o di nuova costruzione, di predisporre un Piano di Emergenza Interno (Pei) per gli scopi ivi previsti. Il Pei va riesaminato e, se necessario, aggiornato dal gestore a intervalli appropriati e (comunque) non superiori a tre anni, previa consultazione del personale che lavora nell’impianto, ivi compreso il personale di imprese subappaltatrici a lungo termine. Per gli impianti esistenti il Pei doveva essere predisposto entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della
legge di conversione del Dl 113/2018 (4 marzo 2019), e trasmesso al Prefetto territorialmente competente.
Il gestore dell’impianto, attraverso il Pei, fornisce le informazioni utili per l’elaborazione, da parte del Prefetto, del Piano di emergenza esterna (Pee), redatto d’intesa con le regioni e con gli enti locali interessati.
Anche il Pee è soggetto ad essere riesaminato, sperimentato e se, del caso, aggiornato previa consultazione della popolazione, con frequenza non superiore a tre anni. L’articolo 26-bis cit. prevede che con apposito Dpcm, d’intesa con il Ministro dell’interno per gli aspetti concernenti la prevenzione degli incendi, previo accordo con la Conferenza unificata, siano stabilite le linee guida per la predisposizione del piano di emergenza esterna e per la relativa informazione alla popolazione.
Come è noto, il provvedimento è stato adottato a seguito dei numerosi roghi sviluppatisi all’interno degli impianti di gestione di rifiuti e sotto la spinta di un dettagliato Rapporto della Commissione bicamerale di Inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e sugli illeciti ambientali ad esse correlati (XXIII Legislatura).
Secondo le risultanze dell’attività svolta dalla Commissione e conclusasi nel 2017, sono stati registrati circa 250 incendi in impianti di gestione e/o stoccaggio rifiuti nel periodo 2014 –2017. L’indagine è stata condotta principalmente mediante l’analisi delle relazioni inviate dalle Arpa e dalle Procure della Repubblica. L’elevato numero degli eventi registrati testimonia la frequenza di un fenomeno rilevante per i rischi per la salute umana e l’ambiente. Il Dl 113/2018 cit. non appare, tuttavia, molto chiaro riguardo ai destinatari della nuova disciplina e ai contenuti da inserire da parte del gestore dell’impianto di rifiuti nel Pei; alcuni riferimenti utili sono, invece, presenti nella Circolare ministeriale “Linee guida per la gestione operativa degli stoccaggi negli impianti di gestione dei rifiuti e per la prevenzione dei rischi” del 15 marzo 2018, aggiornata e sostituita da una nuova circolare del 21 gennaio 2019. Le difficoltà interpretative nascono anche dal contesto in cui è stata redatta la norma, che è chiaramente mutuata dal Dlgs 105/2015 (Seveso Ter), pur in assenza di un riferimento diretto, e dal Dlgs 81/2008 sulla sicurezza e igiene del lavoro.
Infatti, le aziende di gestione rifiuti di piccole/medie dimensioni usualmente non rientrano tra gli stabilimenti a rischio di incidente rilevante cui sono soggetti solo agli stabilimenti in cui sono presenti sostanze pericolose in quantità superiore a determinate soglie. Il campo di applicazione della Legge 132/2018 è circoscritto agli impianti di stoccaggio e lavorazione dei rifiuti, comunque la citata circolare del 2019 parla esplicitamente di impianti di stoccaggio di rifiuti destinati successivamente sia a operazioni di recupero che di smaltimento. La norma, quindi, non troverebbe applicazione agli impianti di smaltimento a prescindere dalle loro dimensioni e dal regime autorizzativo (AIA, AUA).
Detta interpretazione esclude, quindi, gli impianti di discarica, anche se spesso i roghi hanno interessato proprio questa fattispecie di installazioni, in quanto per “discarica”, ai sensi del Dlgs 36/2003, si intende “l’area adibita a smaltimento dei rifiuti mediante operazioni di deposito sul suolo o
nel suolo, compresa la zona interna al luogo di produzione dei rifiuti adibita allo smaltimento dei medesimi da parte del produttore degli stessi, nonché qualsiasi area ove i rifiuti sono sottoposti a deposito temporaneo per più di un anno. Sono esclusi da tale definizione gli impianti in cui i rifiuti sono scaricati al fine di essere preparati per il successivo trasporto in un impianto di recupero, trattamento o smaltimento, e lo stoccaggio di rifiuti in
attesa di recupero o trattamento per un periodo inferiore a tre anni come norma generale, o lo stoccaggio di rifiuti in attesa di smaltimento per un periodo inferiore a un anno”. Le discariche, va ricordato, sono anche esplicitamente escluse anche dal campo di applicazione delal disciplina Seveso. Questa interpretazione viene supportata, anche se non esplicitamente, dalla citata Circolare del 2019; inoltre sempre nella stessa, laddove si parla delle garanzie finanziarie che le autorità competenti possono inserire nei provvedimenti autorizzativi si fa l’esempio, come fattispecie a sé stante, alle
discariche, citando l’articolo 14 del Dlgs 36/2003. Del resto i piani (gestione operativa, post operativa, monitoraggio e controllo e ripristino ambientale), che ai sensi dell’articolo 8 devono essere presentati da chi vuole realizzare una discarica, nella domanda di autorizzazione all’ Autorità competente e il cui contenuto è esplicitato nell’Allegato 2 al Dlgs 36/2003 cit., prevedono prescrizioni per evitare ovvero intervenire in caso di incidenti valutando i
rischi connessi che possono provocare danni alla salute umana e all’ambiente.
Tanto premesso, si ritiene che per le discariche chiuse che abbiano seguito tutte le prescrizioni del citato decreto legislativo 36/2003, non debbano essere redatti piani di emergenza interna. Riguardo al quesito relativo ad una discarica nella quale è ancora presente una torcia per la combustione del biogas, la risposta è che debba seguire tutte le prescrizioni presenti nell’atto autorizzativo e che essa non dovrebbe essere considerata chiusa ma ancora in fase post operativa con i relativi adempimenti cui ottemperare.
Il terzo quesito sui siti di stoccaggio, realizzati per il deposito delle cosiddette “ecoballe”, va detto che sono una forma di gestione unica, presente solo a livello nazionale, causata da un’emergenza non gestita correttamente. I rifiuti imballati presenti nei siti di stoccaggio da diversi anni dovrebbero essere considerati, ai sensi del citato Dlgs 36/2003, una discarica vera e propria che dovrebbe essere allestita come tale.

Fanno, invece, parte di una specifica fattispecie e sono considerati siti di stoccaggio di rifiuti, per i quali, in risposta ai provvedimenti assunti dalla Commissione europea nei confronti dell’Italia, vengono, di volta in volta ipotizzate specifiche destinazioni che, ad oggi, non sembrano aver risolto il problema.
Per questo motivo e per il pericolo che generano in termini di potenziali incendi e rischi per la salute umana e l’ambiente per essi dovrebbe trovare applicazione tutta la disciplina fissata dal Dl 113/2018, ma anche le indicazioni di cui al Dpcm 27 agosto 2021 recante le “Linee guida per la predisposizione del piano di emergenza esterna e per la relativa informazione della popolazione per gli impianti di stoccaggio e trattamento dei rifiuti”.
Le disposizioni del Piano di emergenza esterno, secondo quanto indicato al paragrafo “Premessa e finalità delle linee guida”, trovano applicazione: agli impianti che effettuano stoccaggio dei rifiuti ai sensi dell’articolo 183, comma 1, lettera aa), Dlgs 152/2006, agli impianti che svolgono uno o più operazioni di trattamento dei rifiuti ai sensi dell’articolo 183, comma 1, lettera s), Dlgs 152/2006, nonché ai centri di raccolta comunali e intercomunali di cui al Dm 8 aprile 2008. Sono esclusi gli impianti che ricadono nell’ambito di applicazione del Dlgs 105/2015. Sarebbe, comunque, opportuno, vista la specifica fattispecie dei siti in cui sono allocate le cosiddette “ecoballe”, formulare un apposito quesito all’Autorità territorialmente competente.

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