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Quesito del mese – Giugno 2020

di Paola Ficco, “Avvocato - Giurista ambientale e Direttore della Rivista RIFIUTI

Data 10/06/2020
Tipo Quesito del mese
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DOMANDA:

Azienda in possesso di Aia per “l’esercizio di un impianto di messa in riserva e recupero di rifiuti pericolosi e non pericolosi, frantumazione di materiali lapidei, confezionamento di conglomerati cementizi, misti cementati e calcestruzzi”. Categorie Ippc: 5.1 e 5.3. Operazioni autorizzate R13 e R5. Fra le espresse prescrizioni dell’AIA una recita: “I prodotti che non dovessero possedere caratteristiche merceologiche conformi alla normativa tecnica di settore (Cnr, Uni, Astm, etc.), continuano pienamente a rientrare nel campo di applicazione della vigente disciplina sui rifiuti…”. Si chiede di sapere se l’attività di trattamento e recupero di rifiuti, svolta all’interno del relativo contesto normativo possa essere qualificata come “processo di produzione” per come inteso dal Dlgs 152/2006, articolo 184-bis, comma 1, lettera a) sui sottoprodotti. Inoltre, se da un impianto di trattamento di rifiuti, ancorché sia finalizzato al recupero dei rifiuti medesimi per la produzione di manufatti e materiali per l’edilizia, possono derivare sottoprodotti, per come definiti all’articolo 184-bis cit. Richiamata anche la prescrizione evidenziata, se gli scarti dei manufatti ed i residui ottenuti dal processo di recupero dei rifiuti possono essere qualificati come sottoprodotto ed avviati, come tali, al recupero morfologico di una ex cava.

RISPOSTA:

Il sottoprodotto, come codificato dall’articolo 184-bis, comma 1, Dlgs 152/2006 deriva sempre e solo, come anche evidenziato dal Lettore, da un “processo di produzione”. Prima della modifica introdotta alla nozione di sottoprodotto dal Dlgs 205/2010, costituivano sottoprodotti “i prodotti dell’attività dell’impresa che, pur non costituendo l’oggetto dell’attività principale, scaturiscono in via continuativa dal processo industriale dell’impresa stessa e sono destinati ad un ulteriore impiego o al consumo”. Dopo l’entrata in vigore della modifica introdotta dal Dlgs 205/2010 dove l’articolo 184-bis, comma 1, lettera a) è riferito alla sostanza od oggetto “originato da un processo di produzione di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza oggetto”, senza specificare che il ciclo di provenienza sia industriale. Si ritiene che questa precisazione sia volta a comprendere nel ciclo produttivo anche il versante della produzione artigianale o agricola e non solo di quella strettamente industriale. Si ritiene si tratti, in ogni caso, del ciclo di un processo che assembla materie prime per la venuta ad esistenza di un prodotto nuovo e diverso rispetto alle materie prime che lo compongono, dove essenziale è, dunque, la presenza della trasformazione del materiale. Del resto, sotto il profilo economico, il processo produttivo è quell’attività mediante la quale si crea o si accresce l’utilità di base di qualcosa. Dal che, tuttavia, potrebbe desumersi che anche il processo di trattamento dei rifiuti è un “processo produttivo” perché si connota per la trasformazione del rifiuto (che costituisce la sua “materia prima”) in qualcos’altro suscettibile di utilizzo economico poiché rientra nella catena del valore economico.

Ciò premesso, tuttavia, non si può non sottolineare come il concetto di sottoprodotto attenga al versante della prevenzione della formazione dei rifiuti, in adesione a quanto previsto dalla gerarchia europea dei rifiuti, codificata sul piano nazionale dall’articolo 179, Dlgs 152/2006. I relativi corollari sono declinati dall’articolo 180 del medesimo Testo.

Quindi, il sottoprodotto non può derivare da qualcosa che è già diventato rifiuto. In questo caso, infatti, si ha la materia prima secondaria (se in procedura semplificata) o End of Waste (se in procedura ordinaria). Il materiale rimane lo stesso, quello che muta è il suo status giuridico (e quindi il trattamento che l’ordinamento gli riserva) in ragione della sua provenienza. Quindi, nel caso di cui è quesito (e in altri analoghi), si ritiene che quanto posto in essere presso l’impianto non possa essere considerato un processo di produzione nel senso sopra chiarito, bensì un processo di recupero, mediante trattamento, di rifiuti (infatti, come tale è autorizzato) e che quanto derivi da tale ciclo di recupero/trattamento dei rifiuti (assentito da AIA o condotto in base all’accertamento costitutivo di cui agli articoli 214 e 216, Dlgs 152/2006 e Dm 5 febbraio 1998) non possa essere considerato un sottoprodotto bensì una materia prima secondaria o un End of Waste. La prescrizione, contenuta nell’autorizzazione ed evidenziata dal Lettore del resto conferma quanto qui finora ritenuto, e precisamente che quanto deriva dal ciclo di trattamento dei rifiuti (come autorizzato) è un prodotto (mps o EoW) poiché conforme a determinate specifiche tecniche recepite in autorizzazione. Quanto se ne discosta non si trasforma e resta un rifiuto. Il punto, dunque, da valorizzare nel ragionamento è sempre l’origine di quanto viene sottoposto a trasformazione: materia prima sottoposta a un processo produttivo, può generare un sottoprodotto; rifiuto sottoposto a un processo di recupero/trattamento, può generare una mps o un EoW.
Alla luce di quanto precede si ritiene che dall’impianto di cui trattasi non derivi mai un sottoprodotto ma solo una materia prima secondaria o un End of Waste che potrà essere avviato al recupero morfologico di una cava solo se l’autorizzazione (per l’End of Waste) o le previsioni ex Dm 5 febbraio 1998 ne prevedano tale destino.


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