Albert Einstein non si preoccupava mai del futuro perché, diceva, “arriva sempre abbastanza presto“. Lo dimostra la corsa impazzita dell’homo sapiens che, in un tempo relativamente breve, si sta trasformando in homo technologicus, evoluto insieme alle tecnologie che lui stesso ha costruito. Un soggetto/oggetto dotato di vita autonoma, che vive nell’asincrono crescente tra sé e il mondo dei suoi prodotti e che non fabbrica più solo macchine per produrre altre macchine ma fabbrica soprattutto bisogni.
Nel prisma del tempo dei nostri anni, tuttavia, sempre più spesso, il presente ci parla del futuro assumendo le sembianze del passato.
È il caso dell’inserimento di carbone ed energia nucleare tra le risorse “green” della tassonomia Ue, cioè della classificazione a livello europeo delle attività economiche che, sotto il profilo ambientale, possono essere considerate sostenibili. Una sorta di linea guida per orientare le scelte di investitori e imprese verso una crescita economica “carbon free”.
I 520 miliardi necessari a raggiungere questo scopo non sono tutti reperibili nelle risorse pubbliche; quindi, occorre mobilitare anche quelle private. È questo lo scopo del Regolamento Ue 2020/852 sugli investimenti sostenibili. Gli atti delegati sono stati oggetto di approvazioni graduali: giugno 2021 per il Climate Delegated Act e luglio 2021 per il Disclosure Delegated Act, dove il primo ha fornito i criteri tecnici per lo screening tecnico su mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici; il secondo ha definito gli obblighi di informazione e rendicontazione per le società finanziarie e non finanziarie. Il 2 febbraio 2022 è stato pubblicato l’Atto Delegato complementare sul clima che, considerandoli sostenibili, inserisce gas naturale e nucleare nella Tassonomia e tra le attività transitorie verso la neutralità climatica.
La previsione di condizioni rigorose nulla toglie all’imbarazzo di questo inserimento che resta all’esame degli Organi europei e, in assenza di obiezioni, entrerà in vigore il 1º gennaio 2023. Inutile nascondersi che questa corsa alla sostenibilità sta generando un’impennata di vere e proprie politiche aziendali di “green washing” che, in nome di una sostenibilità non sempre dimostrabile di azioni e prodotti, attraggono investimenti più che cospicui. Il rischio è quello di un modello finanziario che massimizza, manipolandolo, il punteggio dei parametri ESG (Environmetal, Social and Corporate).
Transizione o, per dirla in altri termini, “dove andiamo“. In questo drammatico periodo di guerra guerreggiata in Ucraina, capirlo diventa un imperativo categorico perché il taglio delle forniture di gas russo ha aperto la caccia dei paesi europei a gas e petrolio, carbone e legna; così la transizione ecologica (a fini energetici) si sposta inevitabilmente verso oriente. E la tassonomia europea rischia di diventare solo una tessitura simbolica in un mondo sfuocato, dove il tempo della transizione si è scontrato con il controtempo della guerra.
Un controtempo dove, ancora un volta, trionfa l’impermeabilità al giudizio critico e si assiste (tra le tante) alla cacciata di musicisti russi dalle orchestre. Nasce così l’adesione religiosa agli eventi e costruisce nemici che, prima o poi, non saranno più tali e allora sarà meno semplice governare la pace.
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