Pensato come uno dei pilastri fondamentali che costituiscono il Green Deal europeo, il Piano d’azione per l’economia circolare (Circular Economy Action Plan) è un imponente e tentacolare pacchetto di riforme europee che ha l’obiettivo di trasformare il modo di produrre e consumare da un approccio lineare ad uno circolare. Il tutto per decarbonizzare l’economia europea e raggiungere i target climatici del Green Deal e del pacchetto Fit for 55.
Dal 2015 – quando è stato adottato il primo pacchetto sull’economia circolare (Circular Package) – a oggi sono state introdotte circa 54 misure legislative e non legislative mirate ai settori e alle tematiche più diverse, ma spesso fortemente interconnesse: dalle direttive sulla plastica e gli imballaggi per prevenire l’aumento di rifiuti, ai regolamenti sulle batterie per veicoli e le strategie per rendere il settore tessile più circolare e sostenibile.
Essendo l’organo esecutivo europeo, l’arduo compito di strutturare questa complessa impalcatura è toccato alla Commissione europea, che nel marzo 2020 ha adottato un nuovo Piano d’azione per l’economia circolare, sostituendo il pacchetto del 2015. “La transizione verso un’economia circolare ridurrà la pressione sulle risorse naturali e creerà crescita e posti di lavoro sostenibili – premette Bruxelles nel suo comunicato -. Il piano è un prerequisito essenziale per raggiungere l’obiettivo di neutralità climatica dell’UE entro il 2050 e arrestare la perdita di biodiversità”.
Il piano d’azione per l’economia circolare in Europa
Il nuovo piano d’azione annuncia iniziative lungo l’intero ciclo di vita dei prodotti. Si concentra sul modo in cui i prodotti sono progettati, promuove processi di economia circolare, incoraggia il consumo sostenibile e mira a prevenire i rifiuti e ad assicurarsi che le risorse siano utilizzate il più a lungo possibile.
A livello europeo, forse l’iniziativa più significativa da quando è stato approvato il nuovo piano d’azione per l’economia circolare porta il nome di Sustainable Product Initiative. Un pacchetto di proposte presentato dalla Commissione europea che ambisce ad offrire al consumatore europeo prodotti più sostenibili, mettendo sotto la lente di ingrandimento settori come l’elettronica e il tessile, ma soprattutto prodotti ad alto impatto ambientale come acciaio, cemento e prodotti chimici.
La proposta più rivoluzionaria a livello concettuale riguarda un regolamento sulla progettazione ecocompatibile dei prodotti sostenibili, che secondo la Comissione determina fino all’80% dell’impatto ambientale del ciclo di vita del prodotto. L’Ecodesign for Sustainable Products Regulation (ESPR) infatti stabilirà nuovi requisiti per rendere i prodotti più durevoli, affidabili, riutilizzabili, riparabili, da rinnovare e riciclare, nonché più efficienti dal punto di vista energetico.
Stessa cosa vale per i prodotti del settore tessile europeo, che ha il quarto maggiore impatto ambientale dopo cibo, housing e mobilità; terzo per consumo di acqua e suolo; e quinto per uso di materie prime vergini. La strategia EU Strategy for Sustainable and Circular Textiles definisce la visione e le azioni concrete per garantire entro il 2030 una reale circolarità dei prodotti tessili immessi sul mercato europeo. Tra le iniziative c’è anche la revisione del regolamento sui prodotti da costruzione (Construction Products Regulation).
La strategia per l’economia circolare in Italia
L’Italia è uno dei primi quattro Paesi per indice di circolarità. Ci sono due piani che sono stati adottati per seguire l’esempio europeo: la Strategia nazionale per l’economia circolare e Programma Nazionale per la gestione dei rifiuti. Il PNRR rappresenta sicuramente una grande opportunità per la transizione circolare e una migliore gestione dei rifiuti. Sono 2,1 i miliardi di euro destinati alle due linee d’investimento per le attività di gestione dei rifiuti e i progetti innovativi di economia circolare.
1,5 miliardi sono dedicati alla realizzazione di nuovi impianti di gestione rifiuti e all’ammodernamento di quelli esistenti, con particolare attenzione allo sviluppo della digitalizzazione e al miglioramento di strutture per la raccolta differenziata. La secondi linea di investimento prevede 600 milioni per i cosiddetti “progetti faro” che nelle intenzioni del Governo serviranno ad esempio a creare dei “Textile Hubs” per centrare l’obiettivo del 100% recupero nel settore tessile, il cui obbligo di raccolta differenziata dei rifiuti in Italia è partito il primo gennaio. Per la plastica è stato messo in campo anche il riciclo chimico e i “Plastic Hubs”, che possiamo immaginare come una sorta di distretti del riciclo.
Il Programma Nazionale per la gestione dei rifiuti dovrà invece abbassare drasticamente la produzione nazionale di rifiuti. Il programma si limita a fissare i macro-obiettivi, definire i criteri e le linee strategiche a cui le Regioni e le Province autonome dovranno attenersi nella elaborazione dei Piani di gestione dei rifiuti.