Anche quest’anno la circolarità dell’economia globale non cresce. Il tasso di circolarità, misurato come ogni anno dal think tank Circle Economy, si ferma al 7,2% proprio come lo scorso anno. Il Circularity Gap Report 2024 mostra come il mondo sia sempre meno in grado di rimettere in circolo materiali per creare materia prima seconda. Un trend negativo che tuttavia è in parte giustificato dalla crescita di alcuni Paesi in via di sviluppo. Dopo il picco raggiunto nel 2018 con il 9,1% il tasso di circolarità è sempre sceso arrivando ad un punto di stallo secondo i quale, in pratica, su 100 miliardi di tonnellate di materiali consumati ogni anno dall’economia globale, solo il 7,2% sono materie prime seconde.
Il Circularity Gap report 2024 calcola che solo negli ultimi 6 anni l’economia globale ha consumato 582 miliardi di tonnellate di materiali, una cifra vicina a 740 miliardi consumati nell’intero XX secolo. L’approccio lineare ha portato a una crescita esponenziale del consumo di materiali, dell’inquinamento e della produzione di rifiuti. Aspetti esercitando una pressione insostenibile sugli ecosistemi e sulla biocapacità della Terra, molto più di quanto abbiamo bisogno per soddisfare equamente diversi bisogni sociali.
La responsabilità del consumo di materia
Ma chi è responsabile di tutto questo enorme consumo di materia? La maggior parte degli impatti ambientali sono causati dalle nazioni più ricche, dove la sovrapproduzione e l’iper consumismo hanno raggiunto livelli eclatanti. I paesi ad alto reddito sono infatti il motore di questo collasso ecologico: Unione Europea e Stati Uniti da soli sono responsabili di oltre la metà del consumo di materiale globale, nonostante ospitino appena un 17esimo della popolazione.
“L’1% più ricco del mondo, ricordano gli autori del rapporto, è responsabile delle emissioni di carbonio dei due terzi più poveri e ha accumulato quasi il doppio del denaro del 99% più povero”.
Per invertire la rotta, gli autori del Circularity Gap report – realizzato in collaborazione con Deloitte – suggeriscono soluzione “su misura” a seconda dei piani di sviluppo dei singoli Paesi che si suddividono in tre grandi categorie: Shift Countries (i Paesi in transizione), Grow Countries (le economie in crescita), Build Countries (i Paesi che ancora stanno costruendo una loro economia)La responsabilità del consumo di materia
Le raccomandazioni per “fasce” ai Paesi
Gli Shift Countries (come Unione Europea, UK, USA, Giappone, Canada, Australia) sono quelli che più contribuiscono al superamento dei limiti planetari. A fronte di una popolazione che rappresenta il 17% di quella globale, producono il 43% delle emissioni e consumano un quarto di tutte le materie prime. Il loro sviluppo in termini di accelerazione di produzione e consumo è arrivato ad un punto tale che non porta più nessun miglioramento nel benessere delle persone. Per loro l’obiettivo dovrebbe essere quello di diminuire drasticamente l’utilizzo di materiali e risorse passando a modelli di consumo circolari.
Esempi di normative di impatto nei Paesi ad alto reddito includono: incentivare l’ammodernamento e il riutilizzo degli edifici e dei loro componenti; sviluppare certificazioni e garanzie per i materiali da costruzione secondari; definizione di standard per la durabilità del prodotto; e rafforzare la legislazione sul diritto alla riparazione.
Poi ci sono i Grow Countries come Cina, Indonesia, Brasile, Messico, Vietnam, Myanmar ed Egitto. Sono i Paesi a medio reddito, con economie in crescita e che necessitano di migliorare ancora gli standard di vita dei propri abitanti. Rappresentano il 37% della popolazione mondiale e il 41% delle emissioni globali. Il report suggerisce che il loro compito sarà quello di stabilizzare la quantità di materiali consumati adottando pratiche circolari.
Uno sviluppo sostenibile per i Paesi a basso reddito
India, Bangladesh, Etiopia, Nigeria, Pakistan e Filippine sono invece considerati Build Countries, Paesi a basso reddito, che contribuiscono in minima parte alla crisi climatica (17% delle emissioni) e al superamento dei limiti planetari, nonostante ospitino quasi la metà della popolazione mondiale. Per queste economie un aumento del consumo di materiali è necessario per costruire le infrastrutture di cui sono ancora carenti. Uno sviluppo indispensabile per migliorare salute, benessere e, non da ultimo, resilienza climatica delle popolazioni. Tuttavia questo sviluppo dovrebbe essere implementato con un approccio il più possibile circolare, al fine di non ripetere gli stessi errori del modello lineare.
Questi Paesi potrebbero raggiungere i loro obiettivi attraverso politiche circolari nell’edilizia e nell’agricoltura. Esempi di politiche includono la riduzione del debito e il miglioramento dell’accesso allo sviluppo e al capitale per la transizione, la garanzia dei diritti dei piccoli agricoltori e l’incentivazione dell’uso di materiali organici e secondari nelle costruzioni.
Implementando le politiche, gli incentivi e i nuovi modelli di produzione e consumo indicati, secondo il Circularity Gap Report 2024 si potrebbe ridurre l’uso dei materiali di un terzo, portando a un mondo due volte più circolare e più sicuro per il pianeta e tutti i suoi esseri viventi.