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L’economia globale è sempre meno circolare

di Circularity

Data 02/06/2025
Tipo News

Nonostante tutte le politiche e le innovazioni adottate per abbandonare gradualmente l’economia lineare, il tasso di circolarità globale è in costante calo. A testimoniarlo sono i dati del Circularity Gap Report 2025 pubblicato lo scorso maggio, che manda un segnale d’allarme: Il tasso di riciclo e l’uso di materia riciclata, pur in aumento, non riescono a tenere il passo con la crescita complessiva dei consumi.

Dallo studio pubblicato dal think tank Circle Economy in collaborazione con Deloitte emerge come la circolarità globale, misurata come percentuale di utilizzo di materiali secondari sul totale, è scesa al nuovo minimo del 6,9%, in drastico calo rispetto al 9% del 2018. 
Come tutti gli anni il Circularity Gap Report misura i progressi globali nella circolarità partendo dal “più grande database sulla circolarità al mondo”, che comprende i dati di oltre 90 nazioni, 350 città e 1.000 aziende. Lo fa attraverso il Circularity Indicator Set, 11 indicatori che calcolano una “pagella” della circolarità dei materiali a livello globale

Serve una revisione dei modelli di produzione e consumo

L’estrazione globale è più che triplicata durante gli ultimi 50 anni, superando la soglia storica dei 100 miliardi di tonnellate all’anno. Se non si inverte l’attuale tendenza di produzione e consumo, tale cifra è destinata ad aumentare del 60% entro il 2060.

“Senza una profonda revisione dei modelli di produzione e consumo ormai radicati, i tentativi di aumentare il riciclo saranno continuamente superati dal consumo in crescita, rendendo irraggiungibile un’economia veramente circolare”, spiega il coautore Matthew Fraser. 

Quasi un quinto (18,1%) dell’uso globale di materiali è rappresentato da materiali vergini, in gran parte non rinnovabili, destinati alle discariche, come rifiuti industriali pesanti, veicoli e materiali da costruzione che raggiungono la fine del loro ciclo di vita. Ma anche beni di consumo che collettivamente gettiamo nella spazzatura ogni anno, anche se questi sono minimi in confronto.

 Se tutti questi materiali fossero sottratti alle discariche e trasformati in materiali secondari, la circolarità globale potrebbe teoricamente aumentare fino al 25%, ma dobbiamo anche notare che gran parte di questi sono costituiti da rifiuti provenienti dall’estrazione mineraria e dall’estrazione in cava, come rocce e terreni di scarto.

Questi materiali di basso valore sono difficili e costosi da riciclare, il che sottolinea l’importanza di metodi di estrazione che riducano al minimo i rifiuti in primo luogo, oltre a una migliore gestione dei flussi di rifiuti facilmente riciclabili. Esiste un potenziale significativo per migliorare i tassi di riciclaggio dei rifiuti solidi urbani, ad esempio: secondo il rapporto, i tassi di raccolta globali sono in media dell’80%, ma solo il 15% rientra nel ciclo.

Inoltre, più di un decimo (13,3%) dell’uso globale di materiali è costituito da combustibili fossili bruciati per produrre energia, intrinsecamente incompatibili con un’economia circolare, poiché le emissioni rilasciate nell’atmosfera non possono essere catturate o riutilizzate alla velocità, alla portata e alla scala necessarie per limitare il riscaldamento a 1,5 gradi.

Il riciclo non basta

Il riciclo sta crescendo, ma non basta a tenere il passo con i consumi. Secondo il report di Circle Economy,  l’uso di materiali secondari è aumentato da 7,1 miliardi di tonnellate nel 2018 a 7,3 miliardi di tonnellate nel 2021. Eppure la “metrica della circolarità”, la quota dei materiali riciclati che entrano nel sistema economico globale, continua a diminuire: la stragrande maggioranza di questi è infatti vergine.

Tuttavia c’è un limite naturale al riciclo. Superando la soglia dei 100 miliardi di tonnellate di materiali estratti all’anno, l’aumento del consumo di risorse è ormai quasi fuori controllo e non è direttamente correlabile all’aumento della popolazione globale. 

Il consumo pro capite di materiali è infatti passato da 8,4 tonnellate nel 1970 a 12,2 tonnellate nel 2020, alimentato dall’urbanizzazione, dalla crescita del PIL e dal consumismo

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