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A che punto siamo con la semplificazione della CSRD

di Circularity

Data 02/06/2025
Tipo News

La CSRD, Corporate Sustainability Reporting Directive impone di divulgare informazioni sul modo in cui si affrontano le sfide sociali e ambientali nelle aziende. Entrata in vigore nel 2024, la direttiva sta per essere modificata dal pacchetto Omnibus,  proposto dalla Commissione europea lo scorso febbraio con l’obiettivo di ridurre la burocrazia e favorire la competitività delle imprese, in particolare delle piccole e medie imprese (PMI). 

Tra gli altri dossier che secondo le stime di Bruxelles ridurranno del 35% gli oneri amministrativi per le Pmi entro il 2029, con un risparmio stimato di 6,3 miliardi di euro, ci sono semplificazioni anche sulla tassonomia Ue, CBAM e le norme sulla sostenibilità aziendale CSDDD.

Ma entre sul meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (CBAM) il Parlamento europeo ha recentemente autorizzato l’avvio dei negoziati con il Consiglio per definire la versione finale della norma, sul fronte CSRD la partita resta ancora aperta. 

La linea che si sta delineando sembra quella di accogliere la proposta della Commissione come un buon compromesso: capace di soddisfare la crescente domanda di trasparenza sulla sostenibilità, ma senza sovraccaricare le imprese, tanto che la drastica riduzione dell’ambito di applicazione (circa l’80%) viene vista come realistica.

Cosa prevede la semplificazione della CSRD

L’80% delle aziende sarà escluso dagli obblighi di rendicondazione sostenibile imposti dalla CSRD, con il rinvio di due anni per quelle che saranno soggette alla rendicontazione a partire dal 2028.

Verranno introdotte inoltre semplificazioni significative, tra cui una riduzione del 70% dei modelli di rendicontazione richiesti e una revisione dei criteri DNSH (Do No Significant Harm) e del Green Asset Ratio (GAR) per le banche. Quest’ultimo escluderà le aziende con meno di 1.000 dipendenti e un fatturato inferiore ai 50 milioni di euro.

L’applicazione degli obblighi di rendicontazione è posticipata di due anni. Le imprese che avrebbero dovuto iniziare a rendicontare nel 2026 (per l’anno fiscale 2025) vedranno l’obbligo slittare al 2028.

Per le PMI escluse dall’obbligo, è previsto uno standard di rendicontazione volontario, basato sullo standard per le PMI sviluppato dall’EFRAG, l’European Financial Reporting Advisory Group che ha sviluppato gli European Sustainability Reporting Standards (ESRS) per la rendicontazione di sostenibilità delle imprese europee. 

Anche la direttiva sulla due Diligence è indebolita

Nel pacchetto Omnibus l’ambito di applicazione della CSRD è stato allineato con la Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD). La proposta di Bruxelles indebolisce il quadro normativo limitando le responsabilità delle imprese e impedendo agli stati membri di introdurre requisiti più stringenti, con l’entrata in vigore posticipata al 2028.

L’analisi due diligence sarà limitata ai soli fornitori diretti, con valutazioni periodiche ogni 5 anni invece che annualmente. Si ridurranno gli oneri per PMI e SMC, limitando le informazioni richieste dalle grandi aziende per la mappatura della catena del valore.

Verrà aumentata l’armonizzazione normativa a livello UE e rimossi i criteri di responsabilità civile dell’UE, mantenendo però il diritto delle vittime al risarcimento secondo le normative nazionali. Infine, le aziende avranno più tempo per adeguarsi: l’applicazione sarà posticipata al 26 luglio 2028, mentre le linee guida saranno adottate un anno prima, nel luglio 2026.

La società civile denuncia irregolarità

Intanto il difensore civico europeo (Ombudsman), che indaga sulle denunce relative a casi di cattiva amministrazione da parte delle istituzioni o di altri organi dell’UE, ha annunciato il 23 maggio l’apertura di un’inchiesta sulla presunta non conformità della Commissione europea alle Better Regulation Guidelines nella preparazione del pacchetto Omnibus. 

La decisione è arrivata a seguito di un reclamo formale presentato da una coalizione di 8 ONG, che oltre a unirsi agli appelli per salvaguardare la finanza sostenibile hanno fatto l’ulteriore passo di denunciare un processo decisionale viziato alla base del pacchetto di semplificazione.

“La Commissione ha violato le sue stesse regole. Apportare in fretta e furia cambiamenti radicali senza ascoltare l’opinione pubblica o verificare l’impatto sul clima non è il modo in cui dovrebbe funzionare l’attività legislativa dell’UE”, ha dichiarato in un comunicato Nele Meyer, direttrice della European Coalition for Corporate Justice (ECCJ).

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