Venerdì 9 maggio a Ginevra si è conclusa la Conferenza delle Parti (COP) sui rifiuti e le sostanze chimiche pericolose. In Svizzera 1.190 delegati provenienti da 191 paesi hanno raggiunto un consenso su diverse decisioni importanti in tutte e tre le Convenzioni: dal nuovo framework di Basilea alle sostanze tossiche aggiunte alla liste “nere” di Stoccolma e di Rotterdam. Tuttavia molti chemicals “invisibili” restano ancora fuori dai radar della regolamentazione globale.
“Nonostante i progressi abbiamo continuato a vedere tentativi da parte di alcune Parti di indebolire l’efficacia dei trattati”, ha commentato David Azoulay, direttore dell’Environmental health program di CIEL. “Gli interventi hanno mostrato una sfacciata e continua volontà di negare i risultati scientifici e di eluderli chiedendo esenzioni e deroghe.”
Tre sostanze aggiunte alla “lista nera” di Stoccolma
Solo una minima parte delle sostanze chimiche attualmente in commercio a livello globale viene sottoposta a valutazioni approfondite per verificarne i rischi per la salute umana e l’ambiente. Nonostante la produzione chimica stia crescendo a un ritmo annuo del 3,5%, si stima che i soli costi sanitari legati all’esposizione chimica incidano per circa l’1% sul PIL di grandi economie emergenti come Cina, India e Nigeria.
Nel corso della Convenzione di Stoccolma – il trattato internazionale avviato nel 2001 per vietare o limitare l’impiego di inquinanti organici persistenti (POP), tra cui pesticidi, sostanze industriali e sottoprodotti indesiderati – i delegati hanno votato per proibire l’uso e la produzione del pesticida clorpirifos. La sostanza è stata ritenuta pericolosa per lo sviluppo neurologico nei bambini, ma il divieto è stato accompagnato da una serie di eccezioni, molto criticata dagli osservatori della società civile.
La stessa sorte è toccata a due famiglie di composti particolarmente complessi: gli acidi perfluoro-carbossilici (PFAS), noti per la loro capacità di respingere acqua, grasso, sporco e olio, e le paraffine clorurate a catena media, utilizzate per conferire flessibilità e resistenza alle plastiche. Entrambe sono state inserite nella lista dei POP vietati, ma con deroghe specifiche.
Preoccupazioni ancora maggiori sono emerse in merito all’UV-328. Durante la COP di Ginevra, infatti, l’industria aerospaziale ha ottenuto nuove deroghe per questa sostanza tossica, nonostante già nel 2023 la comunità scientifica ne avesse determinato la pericolosità – compresa la capacità di persistere nell’ambiente e accumularsi negli organismi viventi – portando all’inserimento del composto tra i POP da eliminare.
Secondo diverse ONG, tra cui il network IPEN (International Pollutants Elimination Network), si tratta di un precedente preoccupante. “Una volta che la scienza ha confermato i gravi rischi di una sostanza per la salute e l’ecosistema, la sua eliminazione dovrebbe essere definitiva e non negoziabile”, ha affermato Therese Karlsson, consulente scientifica di IPEN. L’UV-328, rilevato persino nel latte materno, è associato a danni al fegato e ai reni nei mammiferi, oltre a effetti di interferenza endocrina.
Rimane l’impasse sulla Convenzione di Rotterdam
La Convenzione di Rotterdam impone agli Stati firmatari di assicurarsi che l’esportazione di pesticidi e sostanze chimiche pericolose avvenga solo dopo aver ottenuto il previo consenso informato (PIC) da parte del Paese destinatario.
Questo meccanismo ha l’obiettivo di garantire maggiore trasparenza e sicurezza nel commercio internazionale di sostanze pericolose, come l’amianto e diversi pesticidi, attraverso la condivisione di informazioni tra paesi.
Durante la 12ª Conferenza delle Parti, due pesticidi sono stati finalmente inseriti nella lista soggetta a PIC: il fenthion, ampiamente usato in Africa subsahariana e da anni al centro del dibattito, e il carbosulfan. L’inserimento è stato accolto con sorpresa, considerando la lunga attesa.
Resta invece irrisolta la questione dell’amianto crisotilo. Da oltre vent’anni si cerca senza successo di aggiungerlo alla lista, ma il veto costante da parte dei principali paesi produttori continua a bloccare ogni tentativo, nonostante le pressioni da parte di governi, sindacati e ONG. Il tema sarà nuovamente affrontato alla prossima COP, ma il continuo ostruzionismo mette in dubbio l’efficacia stessa della Convenzione.
Non si è raggiunta un’intesa nemmeno sull’inserimento di altre sostanze problematiche come il clorpirifos, il bromuro di metile e il mercurio, con alcuni paesi che si oppongono sostenendo che queste siano già coperte da altri strumenti internazionali come la Convenzione di Minamata o il Protocollo di Montreal.
Cosa si è deciso alla Convenzione di Basilea
Passando alla Convenzione di Basilea, che regola i movimenti transfrontalieri di rifiuti pericolosi ed è pioniera nella gestione dei rifiuti plastici, tra le decisioni chiave c’è l’adozione di un quadro strategico per il periodo 2025–2031 per rafforzare l’attuazione della Convenzione. Sono inoltre state approvate nuove linee guida tecniche per la gestione ambientale di specifiche categorie di rifiuti (allegato IV), mentre tra gli obiettivi futuri c’è l’estensione del lavoro normativo anche ai rifiuti tessili.
Una delle modifiche più discusse riguarda proprio l’Allegato IV, dove è stata ufficialmente riconosciuta anche la combustione a cielo aperto come metodo di smaltimento. Sebbene si tratti di una pratica altamente inquinante e non sostenibile dal punto di vista ambientale, è ancora molto diffusa in diversi paesi.
Secondo il bollettino dell’Earth Negotiations Bulletin, la decisione ha diviso i delegati: alcuni temono che legittimare questa pratica possa incentivare forme di smaltimento dannose, mentre altri ritengono necessario includerla per impedire che esportatori dichiarino falsamente metodi di trattamento più sicuri, evitando così che i rifiuti finiscano in circuiti non controllati.
In copertina: l’assemblea plaude l’adozione della decisione sulle paraffine clorurate a catena media © photo by IISD/ENB | Mike Muzurakis