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Editoriale – Novembre 2019

di Paola Ficco, “Avvocato - Giurista ambientale e Direttore della Rivista RIFIUTI

Data 07/11/2019
Tipo Editoriale
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Editoriale Rivista Rifiuti n. 276

Rifiuti e bonifiche, il romanzo della devastazione che racconta la fine dei grandi sogni e partecipa alla nascita dell’allucinazione globale. Strategie, programmi quadro, leggi e ancora leggi: una mercificazione del possibile un tempo profetica e visionaria e che oggi si è compiuta pienamente anche con la desertificazione industriale e produttiva dei territori.

Dove c’era un sito produttivo, sempre più spesso, ci sono i rifiuti abbandonati da aziende fallite o delocalizzate. I mancati interventi nel breve periodo rischiano di trasformare queste aree in siti contaminati. Cosa serve? Poche e semplici norme, Amministrazioni pubbliche competenti e intellettualmente solide, tante risorse economiche.

Sul primo fronte, nonostante le leggi siano il fondamento di qualsiasi società (ne cives ad arma ruant) la prospettiva che si presenta è caotica ed è evidente che il settore delle bonifiche implode (come tutti i sistemi ambientali) vittima di quelle regole che vorrebbero il contrario. Le regole di uno Stato che si pretende democratico, dovrebbero essere semplici per essere fruibili da parte di tutti. Invece, in questa alluvione normativa, la prima vittima è la certezza del confine tra lecito e illecito.

Amministrazioni pubbliche competenti e solide che (ad esempio) non vagheggino di perimetri dei Sin troppo ampi e irrazionali e che verifichino l’attuazione degli accordi di programma siglati affinché siano effettivi. Amministrazioni, soprattutto, non ideologiche perché la visione della complessità muta in ragione dell’angolo visuale con il quale la si guarda.

Quello che era un accadere del mondo può diventare un qualcosa di inaspettato e sospetto se visto con l’ottica della “opzione zero”. E una vaghezza diventa un testo sapienziale perché “tutto comincia con un’interruzione” (P. Valéry), l’interruzione della comprensione logica e sistemica di un tessuto produttivo e sociale dove tutti simulano di capire un mondo dal quale sono scomparsi i riferimenti. E il trionfo diventa una disfatta.

Il 31 luglio 2019, il debito pubblico ammontava a 2.410 miliardi di euro. Quindi, che dire sul fronte delle risorse economiche?

Nel non allettante scenario post moderno di questo incantato e un po’ straccione paese dei balocchi e dello shopping compulsivo da quattro soldi, vagheggiamo di economia circolare senza renderci conto (problemi normativi a parte) che occorre ridiscutere pesantemente l’attuale modello economico affinché, davvero, si realizzi il paradigma della resilienza.

Quindi, prima di spacciare come unico futuro l’esibizionismo pauperista della decrescita (in)felice, occorre riflettere seriamente sugli stili di vita per invertire l’uso globale delle risorse. Questo significa anche sfida climatica, uso più razionale dell’acqua e del suolo, impiego più vasto delle risorse biologiche per la difesa delle produzioni agricole e rivalutazione delle conoscenze locali.

Non sarà per nulla facile perché il mercato oggi gonfia i bisogni del consumatore e genera una richiesta che supera largamente e regolarmente l’offerta, genera sogni che si trasformano in diritti e che crescono più velocemente di quanto possano essere appagati, produce desideri che si sviluppano a velocità che non rende possibile esaudirli. Il tutto qui e ora.

Ma accadrà, come accade l’inevitabile. Si capirà ciò che è sotto gli occhi di tutti, da sempre. Il problema è saperlo guardare perché in questa interattività diffusa, che ha smarrito il paradigma della conoscenza, si vede ma non si guarda. La sfida è tutta lì: far risalire in superficie la complessità delle cose, perché nella esattezza frettolosa di questi anni abbiamo perso il gusto dei dettagli.


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