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Inquinamento plastica: stallo ai negoziati sul trattato globale

di Circularity

Data 10/12/2023
Tipo News

Il terzo ciclo di negoziati per un Trattato globale sulla plastica si è concluso con un fallimento della diplomazia ambientale dal momento che non si è trovato neppure un accordo su come procedere nel redigere la famosa bozza zero, un testo che offre un’ampia gamma di opzioni, alcune delle quali hanno il potenziale per sfociare in un efficace strumento giuridicamente vincolante per lottare contro l’inquinamento da plastica.

Nonostante numerosi Paesi avessero espresso molto interesse a condurre un lavoro collaborativo, il Comitato non è riuscito a concordare un mandato per il lavoro intersessionale da qui al quarto ciclo di negoziati che si terrà a Ottawa, in Canada, dal 21 al 30 aprile 2024. Ciò significa che a Ottawa le negoziazioni dovranno riprendere da dove sono state interrotte a Nairobi. Per gli osservatori della società civile questo rappresenta un fallimento della diplomazia ambientale multilaterale e un rischio di non poter redigere entro il 2024 un efficace trattato globale sulla plastica.

I Paesi che bloccano i progressi sulla bozza zero

Il terzo ciclo di negoziati è cominciato con una bozza zero lunga 32 pagine sulla quale i delegati dei Paesi membri divisi in tre gruppi hanno lavorato senza sosta: il gruppo 3, quello che si è occupato degli accordi istituzionali e le disposizioni generali e finali, non è riuscito a pubblicare una versione completa e aggiornata, ma solamente una bozza preliminare lunga ben 60 pagine.

Il Segretariato dei negoziati dovrà quindi mettere assieme i vari documenti prodotti dai tre gruppi, mantenendo in piedi tutte le opzioni, per creare la Bozza Zero Rivista. Come sottolineano gli addetti ai lavori, il non accordo del gruppo 3 sta bloccando i progressi dei negoziati e non pone buone basi per il quarto incontro in programma ad Ottawa, in Canada. 

 A pochi minuti dalla fine della plenaria, gli Stati Uniti hanno chiesto di riaprire la discussione per cercare di trovare una via d’uscita sulla questione. Tuttavia Russia e l’Arabia Saudita si sono opposte alla mozione. 

Alla luce del mancato consenso da parte di Russia e Arabia Saudita, in applicazione delle regole procedurali adottate in via provvisoria che richiedono che tutte le decisioni siano prese sulla base del consenso, il presidente della conferenza, l’ambasciatore Meza-Cuadra, ha deciso di non riaprire la discussione. Questo terzo ciclo di negoziati si è quindi concluso senza un accordo su come andare avanti.

“Il processo non funziona”, dicono le ONG

Procedendo con questo tipo di regolamento un solo Paese può tenere in ostaggio l’intero negoziato. Per questo GAIA, associazione che comprende 1.000 gruppi di base, organizzazioni non governative e singoli individui di oltre 90 Paesi, aveva lanciato l’allarme sul “disfunzionamento delle negoziazioni”, muovendo aspre critiche allo stesso Segretariato dell’UNEP “per aver condotto un processo negoziale indisciplinato e tortuoso, che ha disatteso le convenzioni dei precedenti negoziati internazionali e ha permesso a una minoranza di Paesi di tenere in ostaggio il processo”.

“Questa settimana ha chiarito che la stragrande maggioranza dei Paesi chiede un trattato ambizioso che copra l’intero ciclo di vita della plastica”, ha detto dopo alla fine del negoziato di Nairobi il presidente del Center for International Environemntal Law (CIEL) Carroll Muffett. “Il trattato è ancora realizzabile in questi negoziati, ma solo se i negoziatori riconoscono e affrontano la campagna coordinata dagli esportatori di combustibili fossili e di prodotti petrolchimici per impedire qualsiasi tipo di progresso reale.”

Di fronte a ritardi infiniti, manovre procedurali e ticchettii di orologi, molti Paesi hanno lottato per garantire che il trattato garantisca le riduzioni di produzione, le riduzioni di sostanze tossiche e l’attenzione ai diritti umani che la scienza e il mandato negoziale richiedono. Ma un numero preoccupante di Paesi più ricchi, compresi gli oltre 60 membri della High Ambition Coalition to End Plastic Pollution, ha preferito privilegiare il consenso a breve termine rispetto al successo a lungo termine”.

Secondo il think tank CIEL “l’enorme elenco di questioni irrisolte e i continui sforzi per ostacolare i progressi minacciano di far deragliare completamente i negoziati quando riprenderanno a Ottawa il prossimo anno, a meno che i deputati non dimostrino il coraggio politico di riprendere in mano il processo”. Quel che è certo è che il prossimo ciclo di negoziati in Canada rappresenta un crocevia fondamentale: sapremo finalmente se la diplomazia, che procede per consensi, è ancora funzionale al tipo di problema ambientale che si vuole risolvere.

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