La legge costituzionale 11 febbraio 2022, n. 1 modifica profondamente gli articoli 9 e 41 della Costituzione della Repubblica italiana. L’articolo 9 rientra fra i principi fondamentali della Carta ed era già dedicato alla tutela del patrimonio paesaggistico e storico e artistico. Una tutela che ora si estende all’ambiente, alla biodiversità e agli ecosistemi, “anche nell’interesse delle future generazioni”.
Dal canto suo, la modifica all’articolo 41, stabilisce che l’iniziativa economica deve tutelare non più solo la sicurezza, la libertà e la dignità umana ma anche la salute e l’ambiente. E ancora, le istituzioni orientano l’iniziativa economica pubblica e privata anche verso fini sociali e ambientali.
Una riforma passata con 468 voti a favore, 1 contrario e 6 astenuti. Un plebiscito sottolineato da tutti con la dovuta enfasi.
Tuttavia averlo salutato come “epocale” è apparso ingeneroso nei confronti di quanto esistente; quasi a dire che negli ultimi trentacinque anni l’ambiente è stato assente dall’orizzonte cognitivo della tutela e della produzione.
In altri termini, il valore simbolico è certamente molto elevato ma il suo significato è soprattutto lessicale perché nel 1986 veniva istituito il Ministero dell’ambiente e la mole di leggi, regolamenti, ordini e discipline di settore (con il suo corredo di Pubblica amministrazione) è, quantomeno, imponente.
Non solo, la Corte costituzionale – negli anni – ha costantemente affermato il valore dell’ambiente e dell’ecosistema come beni costituzionalmente protetti e in tale alveo l’iniziativa economica doveva porsi in modo rispettoso per evitare danni sanitari e ambientali. Così consacrando l’interesse ambientale nell’economia.
Ad esempio, il bilanciamento tra tutela della libertà di iniziativa economica e tutela dell’ambiente è già presente nel Pnrr nel quale tutti gli interventi sono subordinati al rispetto della formula Dnsh (Do no significant harm); cioè, non fare danni significativi. Comunque ora, sul punto, siamo davvero i più bravi d’Europa.
Però l’Europa è vecchia come chi la governa e chi la abita. Responsabile del gelo demografico, non sa guardare lontano, neanche sulle scelte energetiche, dove solo la Francia (con il giovane Presidente Macron) vuole costruire (sei) centrali nucleari. Nell’Europa sonnambula, l’Italia è colpita da narcolessia; infatti, si esprime solo con un netto “no” a nucleare, petrolio e (fatta salva qualche timida iniziativa) gas.
Però l’Italia è stata grandiosa sul senso della parola “ambiente”; impeccabile per la tecnica adottata; intensa per l’enfasi spesa.
Speriamo solo che regga alla spinta del “no” a prescindere dovuto a una malintesa transizione ecologica che, decisa a tavolino, scarica il peso delle sue (incredibili) scelte su un ceto medio già spaventato e impoverito. Ma ora la Costituzione è cambiata e gli ultimi si accorgeranno ancora di meno che saranno i primi a pagare la transizione (magari con qualche sussidio che, di per sé, già sa di perdita).
Nel virtuosismo polifonico dell’accadere, anche il tracimare del linguaggio a volte è il massimo ideale di un idilliaco “my way“.