Nei criteri di priorità per la gestione dei rifiuti, la preparazione per il riutilizzo viene dopo la prevenzione e prima del riciclaggio. Quindi, occupa un posto di enorme rilievo. Il decreto è quasi (finalmente) pronto ma prima del 10 aprile 2023 non potrà essere approvato poiché, dopo la prima notifica a Bruxelles, si è resa necessaria una lieve modifica e ora sono ripartiti la notifica e il periodo di sospensione.
Nell’ennesima epifanìa di qualcosa atteso da troppi anni, proviamo a uscire dall’osservazione nevrotica del nostro ombelico e leggiamo “Coal 2022”, l’ultimo report dell’Agenzia internazionale dell’energia (AIE o, in inglese, IEA) sul settore, dello scorso dicembre dove si legge qualcosa di allarmante: nel 2022 il consumo mondiale di carbone ha toccato gli 8 miliardi di tonnellate e un incremento di domanda pari all’1,2%. In altri termini, ciascuno di noi ha consumato circa una tonnellata di carbone l’anno (sic!). Non solo, in base alle attuali tendenze del mercato, il rapporto prevede che il consumo di carbone rimarrà invariato fino al 2025, poiché “i cali nei mercati maturi saranno compensati dalla continua e robusta domanda nelle economie asiatiche emergenti”.
Tradotto: il carbone continuerà a essere la più grande fonte di emissione di anidride carbonica del sistema energetico globale. Nel rapporto speciale dell’AIE “Coal in Net Zero Transitions” (nell’ambito della serie “World Energy Outlook”) presentato il 15 novembre 2022, Fatih Birol, direttore esecutivo dell’Agenzia ha affermato che “Oltre il 95% del consumo mondiale di carbone avviene in paesi che si sono impegnati a ridurre le proprie emissioni a zero”. Uno schiaffo sonoro ai cardini della transizione energetica europea che ripone nel Green Deal tutte le speranze per diventare il primo blocco geo politico mondiale neutro dal punto di vista climatico entro il 2050, preceduto al 2030 dalla riduzione del 55% delle emissioni di gas serra rispetto ai livelli del 1990.
La sfida è sostituire il carbone il più velocemente possibile, garantendo al contempo la sicurezza energetica. Il carbone e le sue emissioni sono un problema critico poiché l’intero Pianeta, accanto alla crisi energetica globale, deve affrontare il clima che cambia, con i gravissimi impatti che ne derivano. Birol ha dichiarato che il “rapporto illustra le possibili opzioni a disposizione dei governi per superare questa sfida critica in modo economico ed equo”.
Le centrali elettriche a carbone, in tutto il mondo, sono circa 9.000 per un equivalente di 2.185 gigawatt di capacità. La transizione è complicata dall’età relativamente giovane delle centrali in gran parte della regione dell’Asia-Pacifico (circa 14 anni contro i 40 degli Stati Uniti). L’imperativo categorico per ridurre l’uso del carbone a fini energetici e le emissioni è approvvigionamento da fonti pulite ed efficienza energetica nonché rispetto di tutti gli impegni nazionali per il clima. Solo così, secondo l’Agenzia, entro il 2030, il 75% della produzione delle centrali a carbone esistenti “sarà sostituito da solare ed eolico”.
Tuttavia, a lungo termine l’AIE prevede il soddisfacimento degli obiettivi climatici internazionali con un rapido declino delle emissioni globali di carbone. Uno scenario, quello dell’Aie, che appare (troppo) ottimistico visto che al 2030 manca davvero poco tempo. Però, poiché non viviamo nella città ideale, la convivenza è sempre imperfetta. Per questo percepiamo le idee in misura incerta. Ma va bene così, la percezione è un buon inizio e non è un pensiero esiliato. Una tensione obliqua verso un progetto monumentale che scolpisce il futuro (per dirla con Michelangelo) “per forza di levare”.