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Qual è il livello di circolarità delle imprese italiane?

di Circularity

Data 05/10/2023
Tipo News
economia circolare

L’economia circolare è diventato un modello necessario per affrontare i cambiamenti ambientali, ma per le aziende la transizione circolare presenta numerose sfide legate allo sviluppo di nuovi processi, risorse e competenze. Per capire il livello di circolarità delle imprese italiane, il Laboratorio RISE – Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Industriale dell’Università degli Studi di Brescia ha sviluppato C-Readiness, un modello e uno strumento in grado di fotografare la situazione delle imprese individuando i punti di forza e identificare le potenziali aree di miglioramento da partire per accelerare la transizione circolare.

Su un campione di 144 aziende italiane e il contributo di oltre 200 manager, la ricerca condotta dal Laboratorio ha coinvolto per il 40% aziende di piccole dimensioni (fatturato inferiore ai 10 milioni di euro), per il 34% di medie dimensioni (fatturato tra 10 e 50 milioni di euro), e per il 26% di grandi (fatturato sopra i 50 milioni di euro). Grazie a maggiore disponibilità di risorse ma anche a maggiori vincoli normativi, le aziende con il più alto livello di circolarità sono quelle di grandi dimensioni, con un score medio superiore a quello di aziende di dimensioni medie e piccole.

Tuttavia  i risultati mostrano come, in generale, le aziende manifatturiere italiane siano ancora poco pronte rispetto al cambiamento di paradigma dell’economia circolare. Il C-Score, punteggio di circolarità medio del campione analizzato, è infatti di 45 punti su 100. Ma oltre il 70% delle aziende analizzate ha ottenuto un punteggio di circolarità inferiore a 50 punti. Ciò dimostra che la piena transizione all’economia circolare è complicata per il tessuto produttivo italiano, e che gli sforzi intrapresi richiedono tempi medio-lunghi per portare a risultati significativi.

I settori più circolari

Esistono poi differenti livelli di prontezza circolare nelle varie aree. Le aziende analizzate sono risultate infatti più avanti nella progettazione dei prodotti (punteggio medio di circolarità: 63) e nelle buone pratiche green trasversali (punteggio medio 56). Al contrario, ampi margini di miglioramento sono riscontrabili nei modelli di business (punteggio medio 27) e nella gestione di fine vita e rigenerazione del prodotto.

Segmentando i risultati per ciascun settore industriale, emergono delle differenze sostanziali. Comparti ad alto impatto ambientale e da tempo soggetti a normative più stringenti come l’industria chimica, il settore metallurgico, l’edilizia e il settore automotive hanno ottenuto mediamente dei punteggi di circolarità più alti di settori meno soggetti a vincoli normativi diretti e meno in contatto con le spinte green del cliente finale, come il settore dell’impiantistica e delle macchine utensili, delle lavorazioni meccaniche conto terzi o della componentistica meccanica, elettrica ed elettronica.

Le soluzioni

In che modo è quindi possibile incrementare la circolarità di un’azienda? Il primo passo è l’ecodesign, cioè progettare dall’inizio prodotti che seguano principi di mono-matericità, standardizzazione, modularità, disassemblabilità e di utilizzo di materie prime seconde, di materiali durevoli e riciclabili.

È necessario poi riconvertire i processi produttivi aumentandone l’efficienza ed eliminando scarti e sprechi di produzione, incrementare l’energia autogenerata o proveniente da fonti rinnovabili, e ripensare i modelli di business verso forme as-a-service o di utilizzo come lo sharing, il leasing e il pay-per-use.

Anche la riconfigurazione della supply chain è importante. Ottimizzare le fasi di approvvigionamento dei materiali e di distribuzione dei prodotti finiti non solo dal punto di vista economico ma anche ambientale, prediligendo mezzi di trasporto e packaging a basse emissioni, e impostando un metodo di selezione e valutazione dei fornitori che consideri anche criteri di tipo ambientale e sociale.

Al contempo è necessario attuare meccanismi di reverse logistics per il recupero di prodotti, componenti e materiali a fine vita e per loro riutilizzo e rigenerazione. Per un’economia davvero circolare, infine, è necessario anche sperimentare nuove forme di collaborazione con tutti gli attori della filiera. Insomma, le aree di azioni sono molte e lo strumento C-Readiness può essere un utile supporto al riguardo.

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