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Spreco di cibo: cause e soluzioni

di Circularity

Data 13/12/2021
Tipo News

Da che tempo è tempo, nutrirsi e procurarsi del cibo è un tema centrale per la razza umana, anche a livello culturale, pur tuttavia sembra che a tanto amore corrisponda anche una generosa abilità nello sprecarlo. Le stime riportate nel report “Global Food Losses and Food Waste” della FAO riguardo lo spreco di cibo sono chiare: quasi 1/3 degli alimenti prodotti (cioè circa 1,3 miliardi di tonnellate) a livello globale per il consumo non vengono mangiati!  

A questo punto sorgono spontanee almeno 3 domande sull’argomento: 

  1. Quali sono le cause dell’eccessivo spreco di cibo?   
  1. Come influisce sul cambiamento climatico?  
  1. Quali potrebbero essere le soluzioni

 In Europa le percentuali di cibo sprecato equivalgono al 20% sul totale della produzione (89 milioni di tonnellate, ovvero a una media di 180 kg pro capite), mentre negli Stati Uniti si sfiora addirittura il 40%: una percentuale che – secondo il Report “Wasted: How America Is Losing Up to 40 Percent of Its Food from Farm to Fork to Landfill” a cura del NRDC – equivale a comprare 5 buste di spesa e lasciarne 2 nel parcheggio ogni volta che si fanno acquisti in negozio. In parole povere: lo spreco di cibo non è solo irresponsabile, ma anche costoso se si tiene conto della filiera completa per produrlo e trasportarlo. 

Se tutto il cibo che attualmente viene gettato in discarica ogni anno venisse convertito in pasti per chi ne ha bisogno, saremmo in grado di nutrire fino a 1,8 miliardi di persone.  

Ma le criticità non si fermano qui. Lo spreco di cibo è anche una delle cause del cambiamento climatico, responsabile di circa l’8-10% delle emissioni globali (UNEP Food Waste Index 2021): se fosse un paese sarebbe al 3° posto dopo la Cina e Stati Uniti per emissioni annuali di gas serra. Un contributo non indifferente all’attuale crisi climatica. Beninteso, le emissioni non sono causate solo dalla filiera di produzione, elaborazione e trasporto dei rifiuti alimentari prodotti, ma anche dalle grandi quantità di esalazioni di metano che producono durante il processo di decomposizione in discarica. 

Lo spreco di cibo in Europa 

Partiamo dall’assunto che il cibo sprecato non “nasce” dalla terra e poi finisce nella spazzatura per magia, ma è la tragica conseguenza di una visione di consumo lineare che porta i consumatori a trasformare alimenti perfettamente commestibili in rifiuto, fondamentalmente in due precisi momenti che si fissano nel prima e nel dopo l’arrivo al punto vendita.   
Nei paesi in via di sviluppo lo spreco di cibo avviene principalmente nella fase antecedente l’arrivo al punto vendita, mentre nei paesi industrializzati è nella fase post-vendita che si verificano gli sprechi maggiori. E la causa sono proprio i consumatori finali. 

Spreco alimentare per settore in Europa nel 2012
Figura 1 Sprechi alimenti per settore in EU nel 2012. Fonte: researchgate 

Per capire l’origine di questo spreco post vendita è necessario risalire l’intera filiera, ovvero partendo da quello che succede a monte del punto di vendita quindi nelle aziende agricole e nei negozi di alimentari dove la spinta a produrre e vendere alimenti resistenti alle malattie e “perfetti” da un punto di vista estetico incentiva un processo deleterio e diseducativo, destinando già in partenza prodotti perfettamente commestibili alla discarica, con conseguenze tragiche che si ripercuotono su tutta la catena produttore – consumatore e avendo come risultato montagne di cibo sprecato.  

Fra le cause di questo spreco massivo non dimentichiamo anche le cattive abitudini personali, per esempio non saper conservare gli alimenti in modo adeguato, le continue promozioni ad opera dei supermercati che spingono i consumatori a riempirsi il frigo di cibo non necessario e le catene di montaggio dei cibi industriali che implicano numerosi passaggi per portare il cibo dal produttore al consumatore. 

Tornando al punto risulta evidente che l’estetica del prodotto rappresenta solo una parte del quadro complessivo, posto che alla fine di tutto è il famigerato “prezzo di mercato” che regola, come le stagioni, le quantità che i produttori possono immettere nel ciclo di vendita.  

Per esempio, a causa di una serie di fattori congiunti, è noto che in alcune regioni italiane come la Puglia, tonnellate di pomodori, meloni, angurie e altri prodotti ortofrutticoli vengono lasciati a marcire nei campi perché i possibili profitti della vendita non riuscirebbero a coprire i costi di raccolta. (Fonte: sportello dei diritti) 

Secondo Giovani d’Agata, presidente dello Sportello dei Diritti, associazione che si batte da anni contro gli sprechi alimentari in Italia, questa situazione è a fattor comune in molte Regioni, soprattutto nella stagione della raccolta: “…Uno scempio che non può più essere tollerato e che deve essere portato all’attenzione non soltanto degli assessorati competenti ma dello stesso Ministero all’Agricoltura, in quanto segna un fallimento delle politiche agroalimentari del nostro Paese… Lo Stato deve sostenere gli agricoltori implementando controlli approfonditi sulla filiera e sul mercato, eliminando le pratiche commerciali sleali che stanno sostituendo le produzioni nostrane con quelle straniere a basso costo (e spesso spacciate per italiane), con il conseguente crollo dei prezzi. Bisogna inoltre incentivare l’export e promuovere la preparazione di conserve e succhi utilizzando l’ortofrutta in eccesso.” Difficile smentire queste parole. 

E’ giunto il momento di ri-considerare come coltiviamo, condividiamo e consumiamo il cibo e operare un cambiamento profondo nel sistema mondiale agricolo e alimentare se vogliamo nutrire 795 milioni di persone che oggi soffrono la fame e gli altri 2 miliardi di persone che abiteranno il nostro pianeta nel 2050. 

Il cambiamento climatico sta esercitando pressioni crescenti sulle risorse dalle quali dipendiamo, aumentando i rischi associati a disastri ambientali come siccità e alluvioni. Il bilanciamento delle risorse e il dimezzamento degli sprechi alimentari è infatti uno degli obiettivi cardine degli SDG dell’ONU e dell’Agenda 2030.  

Spreco di cibo e date di scadenza  

Un altro tema legato allo spreco alimentare è derivante dal problema delle date di scadenza sui prodotti confezionati. La Commissione stima come, In Europa, sulle 88 milioni di tonnellate di cibo che diventa spazzatura, ben il 10% è collegato a questo fattore.  

Emerge che una delle prime cause dello spreco è colpa della confusione che si genera nei consumatori rispetto alle indicazioni che riguardano il termine di utilizzo e, diversamente, la conservazione dei cibi.  È solo e soltanto l’indicazione “da consumare entro” quella che dà indicazioni precise sulla data oltre la quale l’alimento potrebbe rappresentare un rischio per la sicurezza sanitaria. Altre diciture come ad esempio “da consumarsi preferibilmente entro” indicano solo il momento nel quale l’alimento inizia a perdere qualità, pur mantenendo le sue caratteristiche organolettiche qualitative.   

Per aiutare i consumatori a meglio orientarsi con le diciture, la commissione Europea ha deciso di effettuare una consultazione pubblica e una valutazione d’impatto. Questo certamente sarà un valido aiuto per migliorare l’etichettatura e, di conseguenza, ridurre gli sprechi che ne derivano. 

L’abbondanza di cibo per aumentare le vendite  

Continuando il nostro percorso all’interno della complicata filiera alimentare, una volta che il prodotto supera la fase di raccolta e produzione, entra nella filiera commerciale per affrontare il percorso di vendita. Si dice che uno dei migliori sistemi per vendere un prodotto, per cui anche il cibo, sia dare sempre l’illusione dell’abbondanza nella scelta: le persone sono condizionate dall’opulenza e se resta il famoso ultimo prodotto tendono a considerarlo difettoso e non degno di scelta. Per alimentare questo bias legato all’abbondanza di cibo e indurre le persone all’acquisto, spesso gli alimentari comprano più prodotti di quelli effettivamente necessari con il risultato che il seme dello spreco è già seminato e il destino degli alimenti in eccesso è già segnato.   

Questo processo è ben spiegato nel documentario Just Eat It da Delaney Zayac, agricoltore che dichiara: “Se fossi al mercato e avessi questo unico mazzo di bietole, rimarrebbe nella cassetta e nessuno la comprerebbe, ma se avessi trenta mazzi tutti uno sopra l’altro probabilmente ne venderei venticinque in meno di un’ora. Cosa mi dice questo?  Le persone sono consumatori d’impulso”.  

Un’impulso che che paghiamo tutti a caro prezzo in termini di spreco! 

Gli sprechi alimentari nelle famiglie in Italia  

Siamo tutti consumatori e nonostante si provi a ridurre al minimo gli sprechi, è molto comune comprare o cucinare cibo in eccesso, cibo che finisce diretto nella spazzatura o, nel migliore dei casi nel compost. Nuclei familiari, ristoranti e servizi di ristorazione rappresentano la causa del 65% dello spreco alimentare annuale a livello europeo

La buona notizia è che, per quanto riguarda l’Italia, non siamo poi così spreconi: secondo una ricerca effettuata dal Gruppo di ricerca dell’Osservatorio sprechi alimentari del CREA,  su un campione rappresentativo di 1.142 famiglie italiane, lo spreco si traduce in “soli” 399 kg di cibo a settimana, pari al 4,4del peso del cibo acquistato. Stiamo comunque parlando di una perdita monetaria equivalente di €1.052 annui  

E se prendiamo per buono il detto che “anche l’occhio vuole la sua parte” dobbiamo tener conto che a spingere il consumatore all’acquisto di dosi di cibo sempre maggiori ha contribuito anche l’aumento della dimensione media delle stoviglie (il diametro dei piatti è aumentato progressivamente dal 1960 del 36%) e il volume dei frigoriferi che sono diventati sempre più capienti e inducono all’acquisto anche solo per saziare la sensazione dello spazio vuoto. Per non parlare dell’abuso di strumenti di promozioni 3×2 e l’avvento delle catene all’ingrosso.  

Insomma, tutto ci spinge ad acquistare sempre più cibo nella convinzione che ce ne sia in abbondanza. 

Ma quali sono le possibili soluzioni per ridurre lo spreco alimentare? 

Abbiamo capito che lo spreco ha cause diramate a partire dalla produzione stessa degli alimenti oltre alle cattive abitudini di consumo e conservazione. Ma le speranze per raddrizzare il tiro esistono e coinvolgono tutte le fasi della filiera. 

Oltre a sensibilizzare i singoli consumatori al consumo intelligente, promuovendo e divulgando soluzioni per riciclare il cibo per esempio attraverso l’appoggio alle associazioni come Il Banco Alimentare o Recup o l’utilizzo di applicazioni come To Good To Go, che permette di acquistare il cibo invenduto ad un prezzo conveniente è necessario scardinare la cultura che tratta il cibo come oggetto al pari di prodotto superfluo e promuovere invece  una “cultura sostenibile” che coinvolga anche la filiera dello smaltimento degli scarti non edibili, promuovendo la raccolta differenziata in appositi impianti in grado di ottenere biogas dalla decomposizione della materia organica.  

La strategia europea Farm to Fork  

Per quanto riguarda la lotta agli sprechi alimentari a livello Europeo, iniziative come quella relativa al miglioramento delle date di scadenza fanno parte della più ampia strategia Farm to Fork, al centro dello European Green Deal. La strategia ha come obiettivo quella di rendere l’intero sistema del cibo equo, sano e rispettoso dell’ambiente, riconoscendo come oggi la filiera alimentari sia caratterizzata da molteplici elementi di criticità, dalla perdita di biodiversità al ritorno economico ingiusto per i produttori primari.  Farm to Fork delinea iniziative di carattere sia regolatorio che non regolatorio, con le politiche agricole e di pesca comuni come strumenti chiave per supportare una transizione equa. Come osservabile nel grafico sottostante, una percentuale significativa della strategia è incentrata nella prevenzione della perdita e spreco di cibo. La UE si è impegnata infatti a raggiungere il target 12.3 dei SDG, riducendo di metà lo spreco di cibo per capita a livello individuale e del retail entro il 2030 e diminuendo nel contempo la perdita di cibo che avviene nella filiera di produzione.  Per raggiungere questi obiettivi la Commissione Europea intende proporre diverse iniziative 

  • Introduzione di target legalmente vincolanti per la diminuzione degli sprechi alimentari nei paesi membri entro il 2023 
  • Revisione dell’etichettature relative alla data di scadenza  
  • Integrare ulteriormente lo spreco e la perdita alimentare nelle altre politiche EU  
  • Ricercare nuove strade per prevenire la perdita di cibo durante la fase di produzione  
  • Mobilitare tutti i players coinvolti  
Strategia europea Farm To Fork
La Stategia Farm to Fork. Fonte: Commissione Europea

Viviamo in un’epoca in cui la tecnologia e l’innovazione diventano strumenti preziosi per invertire la rotta e aumentare la shelf life degli alimenti, a partire dalla filiera degli imballaggi e del packaging. Ricordiamo che nei prossimi 10 anni, almeno il 70% dei rifiuti provenienti dagli imballaggi dovrà essere riciclato. Solo lavorando di concerto sarà possibile affrontare lo spreco alimentare, agendo ad ogni livello della filiera, per distribuire più equamente le risorse e creare comunità più forti.  

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