Allargando l’orizzonte della sostenibilità all’intero ciclo di vita dei prodotti chimici, si scopre il concetto di chimica circolare, che mira a sostituire l’attuale approccio lineare del “take-make-dispose” con processi circolari.
Per consentire a miliardi di persone di soddisfare i propri bisogni è necessario adottare un approccio rigenerativo all’uso delle risorse. In quest’ottica, diventa essenziale promuovere l’utilizzo di materie prime rinnovabili, introducendo un modello circolare basato sul riutilizzo e il riciclo dei prodotti. Così da favorire un’industria chimica a circuito chiuso, caratterizzata da meno sprechi e maggiore sostenibilità in tutti i settori produttivi.
Di chimica circolare e tanto altro si parla nel magazine numero 52 di Materia Rinnovabile che svolge una complessa e difficile ricognizione in un settore chiave dell’industria, chiamato a fare la sua parte nella transizione.
Dai rifiuti a sostanze chimiche
Nel mondo degli scarti esistono numerosi esempi di materiali poco riutilizzabili o non riciclabili. Oggi però esiste un approccio che consiste nel trasformare i rifiuti, specialmente quelli non riciclabili, in prodotti chimici utili. In inglese viene chiamato waste-to-chemical ed è un processo che prevede la trasformazione dello scarto in syngas, o gas di sintesi, una miscela principalmente composta da idrogeno (H2) e monossido di carbonio (CO), in vari rapporti, e che può contenere anche anidride carbonica (CO2) o azoto (N2).
Da questo gas di sintesi attraverso vari processi si possono ottenere etanolo, metanolo, ammoniaca, olefine, carburanti e molto altro. Tutti prodotti che possono sostituire i derivati di petrolio o gas naturale come base chimica, riducendo così la quantità di materia prima vergine utilizzata e tagliando le emissioni complessive dei processi industriali.
Uno dei principali produttori e licenziatari di impianti waste-to-chemical è l’italiana NextChem, del gruppo Maire, che da anni promuove piattaforme tecnologiche per estrarre lavorati chimici da quei tipi di scarti non riciclabili e difficilmente recuperabili, per creare catene del valore completamente nuove.
Anche gli impianti per la produzione di SAF circolare, ossia carburanti sostenibili per l’aviazione, sono particolarmente rilevanti. Questi carburanti possono essere ottenuti dall’etanolo tramite il processo Fischer-Tropsch, partendo direttamente dal syngas.
Il riciclo chimico della plastica
Il riciclo chimico della plastica o advanced recycling si pone come una sorta di piano b d’eccellenza al trattamento meccanico tradizionale.
Esistono tre categorie associate al riciclo chimico: purificazione con solventi, depolimerizzazione chimica e depolimerizzazione termica. Quest’ultima, la più in voga, consiste nel trasformare i polimeri in molecole più semplici tramite processi ad alta intensità energetica come la pirolisi. Riscaldando i polimeri a temperature che oscillano tra i 300 e i 500 °C, si ottiene un olio di pirolisi che, dopo diverse fasi di purificazione, viene utilizzato come feedstock per la produzione di nuova plastica o combustibile.
Al momento si contano circa 40 impianti operativi e oltre un centinaio di progetti sparsi in tutto il mondo. In prima fila ci sono i giganti della petrolchimica tra i quali Shell, Chevron Phillips Chemical e ExxonMobil.
A livello globale viene riciclato solo il 9% dei rifiuti di plastica. La maggior parte, ben il 79%, finisce nelle discariche o inquina l’ambiente, mentre il 12% viene incenerito.
L’eccellenza italiana della green chemistry
Secondo Marco Frey, ordinario di Economia e Gestione delle imprese presso la Scuola Universitaria Superiore Sant’Anna di Pisa In Italia, l’Italia da molti anni rappresenta un’eccellenza della chimica verde. Aziende come Novamont e Itelyum sono state in grado di riconvertire impianti per la lavorazione di materie prime di origine organica.
Sono due delle oltre 550 imprese che aderiscono all’UN Global Compact Network Italia. “A loro, e anche oltre il perimetro dell’iniziativa dell’ONU, rivolgiamo un forte richiamo a un impegno sempre più ambizioso rispetto all’integrazione dell’approccio circolare nelle strategie aziendali, qualsiasi sia il settore produttivo di appartenenza”, scrive Frey in un editoriale pubblicato su Materia Rinnovabile.