Frutto di un decennio di ricerca e sviluppo, Aquafil ha inaugurato in Slovenia il primo impianto pilota per la separazione chimica della fibra elastica dal nylon, una tecnologia innovativa che apre a nuovi scenari di circolarità nel complesso settore delle fibre tessili.
La separazione del nylon nei tessuti misti
Per uno dei principali produttori di nylon in Italia e nel mondo come Aquafil si tratta di un passo in avanti pionieristico: per la prima volta sarà possibile separare efficacemente la fibra elastica dal nylon nei tessuti misti, una delle sfide più ostiche nel riciclo dei materiali compositi, in particolare quelli provenienti da abbigliamento sportivo e costumi da bagno, tra i rifiuti più problematici del settore tessile.
“Oggi, grazie a questo impianto pilota, i risultati delle sperimentazioni di laboratorio trovano conferma: per la prima volta è possibile”, ha commentato Giulio Bonazzi, CEO di Aquaf. “La coesistenza di diverse fibre all’interno dello stesso tessuto ha infatti rappresentato a lungo un ostacolo insormontabile per il riciclo, condannando tonnellate di materiali potenzialmente recuperabili a diventare rifiuto”.
Come tutte le grandi innovazioni, l’idea non è maturata immediatamente in un processo scalabili. Il lavoro di ricerca di Aquafil iniziò nel 2013 con un progetto di ricerca congiunto insieme alla Georgia Tech University e il deposito di un primo brevetto.
Sebbene l’industrializzazione non si fosse concretizzata, il lavoro dei ricercatori dell’azienda con sede a Trento non si è mai fermato fino al 2022, con la pubblicazione di un nuovo brevetto, frutto di una tecnologia perfezionata e finalmente pronta per essere testata su scala semi-industriale.
L’upcycling del nylon
Ora l’obiettivo di Acquafil è ottimizzare il processo in ogni sua fase per definire l’assetto di un futuro impianto industriale su larga scala. Per farlo il produttore di nylon ha attivato una rete di stakeholder strategici per garantire un flusso costante di materiali di scarto e costruire una filiera solida ed efficiente, in grado di alimentare un modello di riciclo sempre più virtuoso.
Il nylon recuperato attraverso questa tecnologia sarà interamente destinato all’impianto di rigenerazione ECONYL, dove verrà trasformato in nuovo nylon rigenerato, pronto per nuove applicazioni tessili. Un ulteriore passo avanti per ridurre la dipendenza dalle risorse vergini e contribuire in modo concreto alla riduzione dell’impatto ambientale del settore.
Le difficoltà di riciclo di tessuti fatti con il nylon
Insieme al poliestere, il nylon è una delle fibre sintetiche più utilizzate al mondo. Si tratta di un tessuto che ha diversi vantaggi, tra cui la resistente all’usura e alla trazione, la leggerezza e la resistenza agli agenti chimici. È ingualcibile e indeformabile, elastico e di facile manutenzione. Recuperlo e riciclarlo permetterebbe di evitare i due principali impatti ambientali causati dalla produzione di fibre sintetiche: l’estrazione di materie prime di origine fossile e l’utilizzo di sostanze chimiche.
Tuttavia il nylon è spesso mescolato con altre fibre sintetiche o naturali, come il cotone o la lana, rendendo complessa la separazione meccanica durante il processo di riciclo.
Esistono diverse tipologie di nylon (come il nylon 6 e il nylon 66), ognuna con proprietà chimiche e fisiche differenti. Questo rende il processo di separazione e riciclo ancora più complicato. Al momento il mercato del nylon riciclato è ancora limitato rispetto a quello delle fibre vergini, quindi la domanda per materiali riciclati non è sempre sufficientemente alta da giustificare investimenti in tecnologie di separazione avanzate.
A che punto è il riciclo del tessile in Europa
I dati dell’Agenzia ambientale europea rivelano che in Europa si è verificata una notevole riduzione dello smaltimento in discarica dei prodotti tessili. Nel 2010 il 21% dei rifiuti tessili veniva smaltito in discarica, mentre nel 2020 questa percentuale è scesa all’11%.
Si tratta di una riduzione da 220.000 a 150.000 tonnellate. Alcuni Paesi però sono in controtendenza: lo smaltimento in discarica è infatti cresciuto in Estonia, Francia, Bulgaria, Polonia, Lettonia, Lituania, Paesi Bassi e Ungheria. Anche in questo caso la mancanza di dati non permette stime precise.
Se, nel complesso, la quota di rifiuti conferiti in discarica è diminuita, contemporaneamente la quantità di rifiuti tessili destinati al recupero energetico è passata dal 9% nel 2010 al 16% nel 2020. Ciò corrisponde a più di un raddoppio (da 90.000 a 220.000 tonnellate) e testimonia la mancanza di infrastrutture di riciclo in Europa.
Secondo il database open source Textiles Sorting and Recycling database esistono 17 aziende di riciclo tessile in tutto il continente. Prevedono di riciclare circa 1,3 milioni di tonnellate di fibre all’anno attraverso processi chimici e meccanici. Alcune tecnologie sono ancora in fase di sperimentazione.
Finora, un sistema EPR (Extended producer responsibility-EPR) per i prodotti tessili è stato implementato solo in Francia, Ungheria e Paesi Bassi, ed è volontario nella regione delle Fiandre (Belgio). Anche la Croazia obbliga i produttori tessili a facilitare la raccolta dei prodotti tessili immessi sul mercato.