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Transizione ecologica, la seconda possibilità

di Paola Ficco, “Avvocato - Giurista ambientale e Direttore della Rivista RIFIUTI

Data 15/03/2021
Tipo Editoriale
rivista rifiuti

“Proteggere il futuro dell’ambiente, conciliandolo con il progresso e il benessere sociale, richiede un approccio nuovo: digitalizzazione, agricoltura, salute, energia, aerospazio, cloud computing, scuole ed educazione, protezione dei territori , biodiversità, riscaldamento globale ed effetto serra, sono diverse facce di una sfida poliedrica che vede al centro l’ecosistema in cui si svilupperanno tutte le azioni umane”. Così il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, nel suo lungo discorso per chiedere, ottenendola, la fiducia al Senato lo scorso 16 febbraio. Parole intense e garbate che tuttavia sferzano l’immaginazione restituendo un’ipotesi di “fare” nell’accezione globale delle componenti della nostra contemporaneità. Scongiurando così l’immobilismo fisico e mentale di una certa idea di protezione fatta di mera astensione e di decrescita felice.
La transizione ecologica deve, fondamentalmente, rilocalizzare produzione e consumo e quindi l’economia. Questo significa ripensare i territori e la loro governance, i legami sociali, la capacità di fare. Per questo la transizione ecologica non equivale allo sviluppo sostenibile, ma è un percorso verso la sua realizzazione. Transizione ecologica significa anche una società di beni comuni dove il credito diventa il mezzo per la tutela dell’ambiente poiché impiegato, ad esempio, per il rinnovamento termico degli edifici o per la modifica della mobilità dove l’innovazione tecnologica apre la possibilità e diventa la precondizione di un nuovo accadere.
Insomma, con poche e comprensibili parole, il punto di arrivo è tracciato unitamente ai modi per farlo: una strategia, un piano e non più un vuoto pneumatico di idee e di capacità mascherato da possente azione di tutela. Era solo la proiezione estetica dell’altalena emotiva di chi fa finta di pensare.

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