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Come funziona l’Emission Trading Scheme

Data 01/03/2023
Tipo News
ETS (Emission Trading Scheme)

L’Emission Trading Scheme è un sistema di scambio di quote di gas serra che ha l’obiettivo di ridurre l’impatto ambientale di alcuni settori ad alta impronta carbonica. È un meccanismo usato da diversi Paesi per limitare le emissioni industriali e incentivare la decarbonizzazione dell’economia.

Il meccanismo ETS

L’idea di base di un sistema ETS è quella di un mercato “cap and trade, in cui viene fissato un tetto o limite, stabilendo la quantità massima che può essere emessa dalle aziende che rientrano nel sistema. I settori coperti dallo schema possono variare a seconda del Paese. Per esempio In Europa ne fanno parte i produttori di energia da combustibili fossili, le industrie pesanti (acciaio, ferro, alluminio, cemento, carta e vetro) e il settore dell’aviazione civile.

Una volta che il governo ha fissato un tetto massimo alla quantità totale di gas serra, viene assegnato un certo numero di quote a ciascuna azienda, in base alle emissioni storiche, al settore in cui opera e altri fattori.

Le aziende sono tenute a monitorare e comunicare regolarmente le proprie emissioni al governo e per essere conformi, quando sforano il tetto di quote (allowances) annuale, devono ridurre le proprie emissioni o acquistare permessi (quote) sul mercato. Chi invece emette meno può vendere le quote sul mercato ETS.

Ma chi determina il prezzo di questi permessi? A stabilirlo è il meccanismo della domanda e dell’offerta. Quando la domanda di quote aumenta, il prezzo sale, creando un incentivo economico per le aziende a ridurre le proprie emissioni.

Se il sistema ETS si basa su un approccio di mercato, la carbon tax segue le regole di un regime fiscale. In questo caso non c’è un tetto alle emissioni, le imprese sono libere di emettere quanto e come vogliono, ma devono pagare una tassa fissa per ogni tonnellata di anidride carbonica emessa. A differenza di un ETS, nella carbon tax è il prezzo a determinare il livello delle emissioni.

ETS in Europa

L’ETS europeo è il primo, e tuttora più grande, sistema internazionale per lo scambio di quote di emissione al mondo. Istituito nel 2005 e attivo in 30 Paesi (27 membri UE più Islanda, Liechtenstein e Norvegia), l’ETS europeo norma le emissioni prodotte da oltre 11mila impianti ad alto consumo energetico e dalle compagnie aeree che operano nello spazio economico europeo. Queste rappresentano circa il 40% delle emissioni totali di gas a effetto serra prodotte in Europa.

Dalla sua introduzione lo schema ha subito diversi cambiamenti e da metà 2021, quando è entrata in vigore la legge europea sul clima, è giunto nella fase 4. A luglio dello stesso anno la Commissione europea ha presentato il “Fit for 55” package, un pacchetto di riforme che ha l’obiettivo di ridurre le emissioni nette di gas serra di almeno il 55% entro il 2030 rispetto al 1990. Tra queste riforme c’è anche il rinnovo del sistema ETS (fase 4) che sancisce l’introduzione di un secondo sistema ETS sulla distribuzione di combustibili per il trasporto su strada e riscaldamento per edifici. Secondo la bozza trapelata da Politico nel nuovo schema – non ancora ufficializzato – è prevista l’inclusione delle emissioni del trasporto marittimo e una stretta sulle  regole riguardanti le quote di emissioni gratuite ricevute da alcune aziende. L’obiettivo è di eliminarle entro il 2034.

Novità anche per quanto riguarda l’aviazione. Lo schema si applica ai voli intraeuropei e si è deciso di eliminare gradualmente l’assegnazione gratuita (free allowances) alle compagnie aree. Per gestire i voli extraeuropei da e verso Paesi terzi, il sistema globale di compensazione e riduzione del carbonio per l’aviazione internazionale (CORSIA) sarà anch’esso integrato nel sistema ETS. Le emissioni derivanti dagli inceneritori saranno invece oggetto di monitoraggio a partire dal 2024 e saranno incluse nell’ETS a partire dal 2028.

Le criticità dell’ETS

La prima fase di assegnazione delle quote può avere un impatto significativo sul funzionamento del mercato e sulla distribuzione dei costi e dei benefici. Alcune aziende possono ricevere gratuitamente un numero eccessivo di quote, mentre altre potrebbero essere costrette ad acquistare tutte le loro quote sul mercato, il che potrebbe metterle in una posizione di svantaggio competitivo.

Il mercato ETS, oltre ad essere soggetto a una notevole volatilità, è suscettibile a speculazioni proprio come qualsiasi altro sistema basato su domanda e offerta. Ad esempio, gli speculatori possono gonfiare artificialmente il prezzo delle quote, rendendo più difficile per le aziende rispettare i limiti di emissione.

Un’altra criticità è che il sistema ETS può creare un incentivo per le aziende a delocalizzare le loro attività ad alto impatto ambientale in Paesi non regolamentati. Per contrastare questo fenomeno noto come carbon leakage, l’Unione europea ha adottato il Carbon Border Adjustment Mechanism (CBAM), un meccanismo fiscale per evitare che le emissioni di prodotti con una significativa impronta carbonica sfuggano al sistema ETS (Emissions Trading System) e vengano rilocalizzate all’estero annacquando gli impegni climatici europei e creando una concorrenza sleale all’interno del mercato.

Operativo da ottobre 2023, il CBAM prevede una tassa sulle emissioni di carbonio che inizialmente riguarderà una serie di prodotti specifici come ferro e acciaio, cemento, fertilizzanti, alluminio, elettricità e idrogeno. Tutte le aziende che li importano dovranno acquistare certificati per coprire le emissioni di CO2 in essi incorporate, a meno che non si dimostri che siano già state contabilizzate dalla legislazione sul clima del Paese da cui arriva il prodotto.

Anche garantire che le aziende rispettino i limiti di emissione e comunichino le proprie emissioni in modo accurato può essere difficile, soprattutto in settori con catene di approvvigionamento complesse.

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