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Deep sea mining, il parlamento norvegese apre all’esplorazione degli oceani

Data 03/02/2024
Tipo News

Il 9 gennaio la Norvegia è diventata il primo Paese al mondo ad aprire la strada all’esplorazione mineraria oceanica o meglio conosciuto come deep sea mining. Il voto del Parlamento ha ratificato la proposta del governo nel mappare e concedere licenze per le compagnie che vorrebbero effettuare attività di esplorazione mineraria dei fondali marini norvegesi. 

La controversa pratica di estrazione non è al momento consentita in acque internazionali, tuttavia ogni nazione è libera di decidere entro i propri confini, anche marini. Così, secondo il piano presentato nel mese di giugno  dall’amministrazione guidata dal laburista Jonas Gahr Støre, le compagnie minerarie potranno mappare e acquisire licenza d’esplorazione per un’area che si estende per 280 mila chilometri quadrati  tra l’Islanda, la Groenlandia e le isole Svalbard. Il modello delle licenze proposto è quello utilizzato per l’esplorazione di idrocarburi.

I minerali della transizioni

Il deep sea mining (o estrazione mineraria in acque profonde) è il processo di estrazione dei metalli critici dal fondale marino profondo. Nonostante sia stata esplorata solo una piccolissima parte degli abissi, sappiamo che, quello che viene definito scientificamente “mare profondo” (il punto dove la luce non riesce più a filtrare, circa dai 200 metri in giù) – è ricco di rame, cobalto, nichel, zinco, argento, oro, litio e terre rare. Quelle materie prime critiche essenziali per il processo di elettrificazione e decarbonizzazione che il mondo sta lentamente portando avanti.

Al momento le tecnologie per l’estrazione e il recupero dei minerali sono ancora in fase di studio, e ci vorranno anni prima che i costi scendano a livelli tali da consentirne l’implementazione su scala industriale.

Poi ci sono timori sugli impatti ambientali. Nonostante resti difficile valutare con precisione quali possano essere gli impatti del deep sea mining e mettere in atto adeguate misure per proteggere le acque profonde, istituzioni come Il Parlamento europeo e diverse nazioni hanno sottolineato la necessità di una moratoria internazionale sull’estrazione mineraria dei fondali, con alcuni paesi che hanno imposto il divieto di tale pratica. 
Per le acque internazionali la decisione è in mano all’International Seabed Authority (ISA), che per il momento ha sospeso le concessioni di sfruttamento in attesa della votazione definitiva nel 2025.

Gli impatti ambientali che non preoccupano il governo norvegese

Steve Trent, fondatore della Environmental Justice Foundation (EJF), ha dichiarato che l’estrazione mineraria in acque profonde è la ricerca di minerali di cui non abbiamo bisogno, con danni ambientali che non possiamo permetterci. “Sappiamo così poco delle profondità dell’oceano, che non abbiamo la certezza sulle conseguenze. L’attività mineraria spazzerà via una fauna selvatica unica, disturberà il più grande deposito di carbonio del mondo e non farà nulla per accelerare la transizione ecologica”, ha aggiunto.

Secondo IUCN (International Union for Conservation of Nature), l’estrazione mineraria solleva sedimenti dal fondo del mare, creando pennacchi di particelle sospese. Ciò è aggravato dalle navi minerarie che scaricano acque reflue in superficie. Gli scienziati temono che queste particelle possano disperdersi per centinaia di chilometri, impiegare molto tempo per reinsediarsi sul fondo del mare e influenzare gli ecosistemi e le specie marine più vulnerabili. Inoltre specie come balene, tonni e squali potrebbero essere influenzate dal rumore, dalle vibrazioni e dall’inquinamento luminoso causato dalle attrezzature minerarie e dalle navi di superficie, nonché da potenziali perdite e fuoriuscite di carburante e prodotti tossici.

Uno studio uscito su Current Biology ha osservato un notevole calo della fauna marina in un’area a largo del Giappone, dove nel 2020 si sono condotti i primi test di deep sea mining per l’estrazione di cobalto: in alcune zone la presenza di fauna si è addirittura dimezzata.

“Capisco la preoccupazione per la carenza di conoscenze sui fondali oceanici – ha dichiarato alla stampa il ministro Aasland – Ma l’apertura di un’area non significa che l’estrazione avrà subito inizio. Piuttosto, rappresenta il primo di molti passi lungo un percorso in cui tutte le parti si baseranno su un approccio precauzionale. Abbiamo una solida esperienza derivante da operazioni offshore prudenti e tecnologicamente all’avanguardia a livello mondiale”.

Secondo il governo norvegese questo voto è l’inizio di un’attività mineraria in linea con gli obblighi internazionali, tra cui la Convenzione sul diritto del mare e la Convenzione sulla diversità biologica. 

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