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La grande sfida del riciclo dei giocattoli

di Circularity

Data 05/01/2024
Tipo News

L’economia circolare dei giocattoli fino a ora è stata affidata a episodiche iniziative private o alla buona volontà di genitori e associazioni. Ecco perché l’adozione di schemi di responsabilità estesa del produttore potrebbe finalmente portare a una svolta per il fine vita dei giocattoli. A patto che si sciolgano alcuni nodi che aggrovigliano un settore particolarmente delicato ed esigente.

Perché i giocattoli non si riciclano?

L’industria dei giocattoli è oggi un vero colosso, con un valore globale stimato intorno ai 107 miliardi di dollari e un trend di crescita che non accenna a rallentare, proiettato verso i 150 miliardi di dollari nel 2028. Per di più, è uno dei pochi settori che non ha subìto flessioni a causa della pandemia, anzi sfruttando i lockdown con i bambini chiusi in casa ha venduto ancor di più di prima. Eppure viene spesso ritenuta un’industria “minore”, poco considerata quando si tratta di stabilire standard e politiche per renderne più sostenibili gli impatti ambientali.

Il fatto che non esistano leggi e regolamenti ad hoc per la sostenibilità e circolarità dei giocattoli, come invece esistono per altri settori quali il tessile o l’elettronica, non è però solo una questione di dimensioni. Il problema è che si tratta di una categoria di prodotti troppo diversificata per poter raccogliere tutto nella stessa cesta.

Insomma, si va dai palloncini alle bambole, dai mattoncini al Monopoli, dagli orsacchiotti ai robot elettronici: tutti oggetti che, malgrado la grande prevalenza della plastica, sono composti da un eterogeneo mix di materiali. Il che significa che una volta dismessi, a meno che non vengano intercettati dal mercato second hand o non ricadano in un’altra categoria di prodotti (ad esempio i giochi elettronici nei RAEE), vanno a finire in discarica insieme ai rifiuti indifferenziati.

Il perché è anche una questione di convenienza economica: quando l’oggetto è un mix di materiali complessi, come la stragrande maggioranza dei giocattoli, le operazioni di raccolta, cernita e riciclo costano di più del valore del materiale riciclato risultante. Ecco perché i sistemi di riciclo tradizionali in Europa e nel mondo non recuperano i giocattoli. Si tratta di una logica commerciale che regola anche il riciclo di alcuni polimeri di plastica usati per gli imballaggi. Se non è conveniente non ha senso aprire un nuovo flusso di rifiuti. 

Il nodo della sicurezza

C’è poi da considerare l’aspetto della sicurezza, che per il mondo dei giocattoli diventa la questione fondamentale: i giocattoli sono soggetti a standard di sicurezza molto rigidi, devono quindi essere costruiti in modo da non rompersi appena i bambini li usano e se si rompono, lo devono fare in modo innocuo, senza che spuntino parti taglienti o pericolose. Questo significa anche che certe componenti, come le parti elettroniche e le batterie, non devono essere facilmente accessibili né smontabili, il che pone ovviamente delle difficoltà in termini di gestione del fine vita del prodotto. Purtroppo su questo aspetto il settore giocattoli non può scendere a compromessi.

Il design per il disassemblaggio non ha quindi vita facile nel Paese dei balocchi, come pure un altro pilastro di quello che potrebbe essere un sistema EPR efficace: l’utilizzo di materiale riciclato nei nuovi prodotti. L’uso di materie prime riciclate, infatti,  nei giocattoli dovrebbe sottostare a controlli molto rigidi lungo la filiera di approvvigionamento. Ci sono alcune aziende che hanno cominciato a farlo, ma solo per specifiche linee di prodotti.

I pionieri dell’EPR per i giocattoli

Nonostante le difficoltà specifiche del settore, c’è chi sta provando a organizzare un sistema EPR pubblico e obbligatorio anche per i giocattoli. La Francia, pioniera in molti regolamenti anti-spreco e per l’economia circolare, ha infatti stabilito nella ormai famosa Loi anti-gaspillage pour une économie circulaire l’introduzione della responsabilità estesa del produttore per l’industria dei giochi. Il primo passo è stato quello di individuare un ente che potesse aiutare produttori e distributori ad assolvere ai nuovi obblighi dietro il pagamento di un “contributo ambientale”. La FJP, la federazione francese dell’industria del giocattolo, ha sostenuto la candidatura del consorzio Ecomaison (già Eco-Mobilier), che è così diventato la PRO (Producer Responsibility Organization) di riferimento per tutto il settore.

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