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Abbandono di rifiuti: è un reato comune e come tale può essere commesso da chiunque

di Paola Ficco, Avvocato - Giurista ambientale e Direttore della Rivista Rifiuti

Data 06/07/2022
Tipo Quesito del mese
rivista rifiuti

DOMANDA

Il privato che venisse trovato nell’atto di abbandonare poche lastre di cemento amianto precedentemente autonomamente rimosse da una struttura di sua proprietà, incorre nella violazione dell’articolo 255, comma 1 o piuttosto avendo effettuato una attività riservata esclusivamente ad imprese autorizzate (articolo 256 comma 1, Dlgs 152/2006) ed avendo agito di fatto come un’impresa, gestisce un rifiuto speciale ed incorre nel reato previsto e punito da tale articolo 256, comma 1?

RISPOSTA

Il quesito solleva l’interrogativo relativo alla natura di reato proprio o di reato comune delineato dalla fattispecie incriminatrice descritta dall’articolo 256, Dlgs 152/2006. La giurisprudenza di legittimità ha adottato una soluzione interpretativa a mente della quale il reato di abbandono di rifiuti di cui all’articolo 256, Dlgs 152/2006 non appare decisamente come un reato proprio bensì come un reato comune, ben potendo essere commesso non solo da chi esercita professionalmente un’attività di gestione di rifiuti, ma anche da chiunque svolga tale attività di fatto o in modo secondario, purché non del tutto occasionalmente (cfr. Cass. pen. Sez. III, n. 4770 del 26 gennaio 2021), dove l’imprenditorialità non è un requisito essenziale per il perfezionamento dell’offesa descritta dalla fattispecie incriminatrice. Già nel 2008 con sentenza n. 19207, la III sezione penale della Corte di Cassazione ha affermato che “ai fini della configurabilità del reato di cui all’articolo 51, comma 2, Decreto Ronchi (ora articolo 256, comma 2, Dlgs 152/2006 n.d.A), per titolare d’impresa o responsabile di ente non deve intendersi solo il soggetto formalmente titolare dell’attività ma colui che, sia pure di fatto, effettivamente eserciti l’attività imprenditoriale inquinante. Tale interpretazione è imposta dalla ratio della legge per la quale è rilevante l’effettiva attività d’inquinamento che viene posta in essere e non la qualificazione formale dell’agente, il quale, se agisce nell’ambito di un’attività economica, ancorché non formalmente titolare dell’impresa, risponde del reato di cui al comma 2 eventualmente in concorso con il soggetto che appare formalmente come titolare dell’attività. In altre parole rileva l’attività in concreto svolta e non la qualificazione formale” (conf. Cass. pen. Sez. III n. 36819/2017; 3448/2020). Cass. pen. sez. III, n. 4411 del 3 febbraio 2020 ha confermato tale orientamento ravvisando la configurabilità del reato anche nella condotta “di qualsiasi impresa avente le caratteristiche di cui all’articolo 2082 C.c., o di ente, con personalità giuridica o operante di fatto”. Alla luce della soluzione interpretativa elaborata dalla Suprema Corte di Cassazione si ritiene che il privato che abbandona lastre di cemento amianto autonomamente rimosse da una struttura di sua proprietà incorra nella violazione di cui all’articolo 255, comma 1, Dlgs 152/2006 (che a fronte di una condotta così deprecabile prevede sanzioni veramente risibili).

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